Rolling Stone: ‘dentro l’iNNOCENCE+eXPERIENCE Tour’ il racconto di Bono e The Edge

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Vancouver, British Columbia: un viaggio all’interno del nuovo tour mondiale degli U2, un viatico dove ad accompagnarci sono i protagonisti massimi dello show, Bono & The Edge, che raccontano in questa intervista a Rolling Stone, pensieri, aspettative ma sopratutto ciò che li hanno spinti nuovamente oltre, alla progettazione di un nuovo concetto di live performance.
Innovazione, contrapposta all’esperienza (eXPERIENCE) che è basilare nelle anime dei due rockers irlandese, come Bono che definisce Iggy Pop (definizione estrema e massima del frontman) fino a The Edge, cercatore della perfezione assoluta in pensieri e azioni.

Ecco a voi la traduzione completa dell’articolo pubblicato dalla rivista Rolling Stone.

‘Dietro le quinte degli show degli U2: Domande e risposte con Bono e Edge’

Ricordi e megaschermi: la band analizza la conquista dell’arena dal soffitto fino alle setlist:

Mancano circa 25 ore dall’inizio del tour Innocence + Experience alla Rogers Arena di Vancouver e Bono è seduto accanto a Edge su un divano felpato nell’area backstage. Sta armeggiando con un laptop e guarda una registrazione delle prove del tour. Proprio fuori dalla porta, brandendo degli walkie talkie il personale corre freneticamente in ogni direzione in vista del grande spettacolo, ma Bono sembra completamente rilassato. Adam Clayton entra, gli porge una coppa di te e poi sparisce. Ci hanno detto di sedere tra Bono e Edge, sapendo che i loro impegni sono dannatamente ravvicinati e hanno solo 20 minuti per chiacchierare.
Avevamo preparato 21 domande, ma sapendo che Bono non è un uomo di poche parole, riusciamo a fargliene soltanto otto. Ma la band intende trattare molti argomenti – anche se non abbiamo discusso dei progressi di Songs of experience o verificato se hanno finalmente deciso di suonare super rarità del calibro di Acrobat e Drowning man.

Rolling Stone: Quando avete iniziato a pensare a questo tour, quali erano i vostri obiettivi? Cosa volevate ottenere?

The Edge: ‘Penso che abbiamo deciso molto presto che volevamo partire indoor e vedere come veniva. Poi è stata davvero una questione di “se suonassimo indoor e facessimo qualcosa di opposto a quanto fatto con lo scorso tour outdoor, come sarebbe?” La venue è stata la prima considerazione. Cosa possiamo fare che sia unico per quella sede indoor?’

Rolling Stone: Bono, che ne dici?

Bono: ‘Come una sorta di sfida per noi, abbiamo avuto questa idea che avremmo dovuto suonare le prime canzoni soltanto sotto una lampadina. E’ stato così fin dal principio. Ora non ne stiamo parlando in senso letterale, ma simbolico. L’abbiamo considerato un simbolo durante lo show. La lampadina è un simbolo della parte più intima della vita di ciascuno. Le vite nelle loro camere da letto. Le vite nelle loro cucine. Le vite lontane dai riflettori. Il n. 10 di Cedarwood road aveva una lampadina senza copertura perchè penso che ai tempi fosse alla moda. Quel posto è stato un’incubatrice di idee, un’incubatrice per le prime canzoni, per le prime ambizioni di poter seguire le ragazze a casa da scuola e progettare di vederle il weekend.
Ognuno si è formato in quello spazio. Per anni ho detto in giro che nel mio caso la megalomania non era necessariamente innata. Me l’hanno suggerita John Lennon, Bob Dylan, più tardi Joe Strummer. L’idea che le tue idee posso essere di qualche valore per gli altri, nella sua essenza, è molto arrogante. E’ da lì che è nata per me, fu sotto quella lampadina.
 
Rolling Stone: Immagino che la prova più dura nel creare un tour come questo sia quella di fare qualcosa di diverso. Deve essere stato difficile pensare a qualcosa di nuovo e fresco.

The Edge: ‘Nuovo, fresco e a prezzi accessibili era come volevamo che fosse. Nelle prime riunioni stavamo davvero cercando di spingerci al limite del possibile. Avevamo ogni tipo di stanze gonfiabili che fluttuavano nell’arena, alcune idee folli. E’ divertente come funzioni sempre per noi, lasciar  andare le idee senza limiti per poi lentamente, nel tentativo di essere più pragmatici e stringendo su tutto, finire con alcune delle stesse idee. Per esempio, la camera da letto è sempre li. Non è una camera che fluttua. Ora fa parte di uno schermo divisore che usiamo.
La prima cosa era di permettere all’immaginazione di correre libera per poi di cominciare a riportarla a posto. Poi iniziano le cose più pratiche come “quanto peso può sopportare il soffitto dell’arena?”. Stiamo appendendo tutti gli impianti di amplificazione, stiamo appendendo questo grande schermo. Stiamo andando all’ennesima potenza assoluta di ciò che è possibile’.

Rolling Stone: Appendendo le casse per tutta l’arena, ottenete un suono molto migliore rispetto a qualsiasi cosa io abbia mai ascoltato.

The Edge: ‘Ci stiamo in pratica grattando la testa chiedendoci perchè nessuno l’abbia mai fatto prima. E’ un fantastico modo di approccarsi al suono in un’arena. Finora tutti, inclusi noi, hanno sempre messo le casse ad un estremità, vicino al palco, sparando il suono per tutta la lunghezza dell’arena. Quello che stiamo facendo con questo show è di seguire il profilo della circonferenza della struttura  e di mettere le casse sopra le persone. Così non siedi mai più lontano di 50 piedi (15 metri ndr) da una serie di casse. Tutto trasmette il suono allo stesso tempo, così non hai nessun problema di allineamento con le altre casse’.

Bono: ‘Non è coinvolto qualche algoritmo del suono?’

The Edge: ‘No, non ci dovrebbe essere’.

Bono: ‘Sei sicuro?’

The Edge: Yeah!

Bono: ‘Alcune persone pensano che suoni meglio del 20% di qualsiasi altro impianto audio in un’arena. Se suoneremo male, non avrà importanza. Sentirete più chiaramente gli errori’.

The Edge: ‘E’ davvero perché le casse sono così vicine a voi che non c’è nessun riallineamento sonoro da prevedere. Fondamentalmente porta a tutti il suono nello stesso istante’.

Rolling Stone: Potete parlarci un po’ del fatto di aver diviso l’arena in due con schermi LED e l’idea che sta alla base di questa scelta?

Bono: ‘E’ un esperimento che verificheremo davvero solo domani per la prima volta. Ma senti, noi siamo una band che tende a provocare divisioni come mi ha detto uno dei più grandi critici musicali Robert Hilburn “La cosa migliore degli show dei Rolling Stones è che ti portano a sentirti grande. La cosa migliore degli show degli U2 è che ti fanno sentire fiero di chi è accanto a te.”
Abbiamo una vera connessione con il nostro pubblico, ma fuori dal Madison Square Garden può essere difficile essere un fan degli U2 perché siamo in giro da molto tempo. Suscitiamo sentimenti molto forti nelle persone. La gente ci ama o ci detesta. Sull’album precedente, No line on the horizon, c’è una canzone chiamata “Cedars of Lebanon” con un verso che dice “Pick your enemies carefully because they’ll define you. Make them interesting” (Scegli bene i tuoi nemici perché ti definiranno, rendili interessanti). Questo perché resteranno tali per tutta la tua vita. L’idea principale dietro a Innocence+Experience è questo movimento da “noi e loro” a “non ci sono loro,
ci siamo solo noi”.
Quando eravamo più giovani i nostri nemici erano chiaramente tracciati, molto visibili. Erano molto reali, non erano immaginati. E noi ci organizzavamo contro di loro, che questo fosse con Amnesty International o gruppi anti-apartheid. Quando diventi adulto, inizi a scoprire che il nemico più pericoloso che incontrerai nella tua vita è spesso te stesso. Sei tu il più grande ostacolo sulla tua strada. Improvvisamente il panorama cambia. Non so chi ha scritto il verso “Ho incontrato il mio nemico ed ha in parte ragione”, ma è un grande verso. E’ più difficile negoziare. E’ davvero la tua stessa ipocrisia nel mirino. Abbiamo cominciato quel viaggio con Achtung Baby e lo Zoo TV. Continua oggi, ma quello che è successo recentemente è che sono personalmente tornato indietro ripercorrendo quei giorni in bianco e nero, perché mi manca quella persona.
Ti dirò un brano del prossimo album Songs of Experience.
“I was living a lie. I was calling it a compromise. I was making bad deals in front of everyone’s eyes. Deals now everyone denies. I was giving evidence in the court of the hearts desire, falsifying documents, virtue thrown in the fire. Sometimes I wish that I was stupid and you were not so smart. Overcome the head will always overcome the heart”
(“Stavo vivendo una bugia. La chiamavo compromesso. Stavo facendo pessimi affari sotto gli occhi di tutti. Affari che tutti ora smentiscono. Stavo fornendo delle prove nella corte del desiderio del cuore, falsificando documenti, gettando la virtù nel fuoco. A volte vorrei che fossi studio e tu non così brillante. Sopraffare la testa sarà sempre sopraffare il cuore.”)

poi prosegue:

“Lead me in the way I should go. I’m running out of chances to blow. That’s what you told me and you should know. Lead me in the way I should be. Unravel the mystery of the heart and its defense. The morning after innocence”
(Portami dove dovrei andare. Sto finendo le possibilità da sprecare. E’ quello che mi hai detto e tu dovresti sapere. Portami dove dovrei essere. Dipana il mistero del mio cuore e della sua difesa. La mattina dopo l’innocenza.”) La canzone si chiama “The morning after Innocence”.
e continua
“Is that your fountain pen? Navy with a nib of gold. Could you write your name again and do anything you were told in 10 Cedarwood Road. I’m your older self, the song of experience. I’ve come to ask for help from your song of innocence. Lead me in the way I should go. I’m running out of chances to blow. That’s what you told me and you should know”
(E’ quella la tua penna stilografica? Blu con un pennino in oro. Puoi scrivere di nuovo il tuo nome e fare tutto quello che viene detto al 10 di Cedarwood Road. Sono la tua versione più adulta, la canzone dell’esperienza. Sono venuto per chiedere una mano alla tua canzone dell’innocenza. Portami dove dovrei andare. Sto finendo le possibilità da sprecare. E’ quello che mi hai detto e tu dovresti sapere.)
Quindi la versione adulta di se stesso arriva dal sé più giovane in cerca di speranza. E’ interessante. E’ un rovesciamento. Succede questo nel nostro show. Quello che succede in questo show è che il sè più giovane fa un’arringa, turba il vecchio sè. Questo è quello che cercavamo di capire in “Bullett the Blue Sky”. Il tipo che è solito stare sulla barricata in bianco e nero raggiunge il tipo che è sull’altro lato della barricata e dice “Che ci fai qui?” dice, “C’è bisogno di tutti, dei blu, dei verdi, dei “me” e dei “te” ”. Entra in questa discussione. E’ la dialettica al centro del tour da una prospettiva poetica.
Poi, dal lato visivo, hai lo scontro tra analogico e visuale. Alcuni degli artwork sono fatti a mano, con disegni stampati e di contro alcuni sono rovinati, trattati. Musicalmente, hai la semplicità dei tre strumenti, la rock band, e poi ti ritrovi la parte più elettronica nella sezione Experience. Probabilmente rimpiangi di aver fatto quella domanda.

Rolling Stone: Mi puoi spiegare in che modo decidete la setlist e come scegliete l’ordine delle canzoni?

The Edge: ‘E’ una domanda molto complicata, in particolare per quello che stiamo facendo qui. C’è stata una grande riflessione. Lui voleva avere una lampadina sopra il palco per i primi pezzi, che mostrava come se gli U2 si denudassero nel momento innoncence della band, facendo riferimento agli esordi quando ci siamo formati e siamo stati influenzati dalla musica della fine degli anni ’70 e dei primi ’80, punk e post-punk. Quello è stato il nostro punto di partenza, con il quale iniziare lo show. Poi è stato come “Ok, dove andiamo da qui in poi?” E’ stato un processo fatto di tentativi di andare oltre quella prima parte della show e portarla ad una conclusione che ci soddisfacesse e nella quale credere. Abbiamo molte canzoni dei vari periodi. E’ divertente come prendendo una vecchia canzone e mettendola in un diverso momento del concerto, questa acquisti improvvisamente un altro significato’.

Rolling Stone:
In qualche modo i fans hanno messo le mani su una lista di pezzi provati in cui ci sono “I will follow” e “Out of Control”. Devo immaginare che iniziate lo show con i primi pezzi della vostra carriera?

The Edge: Questa è l’idea. Funziona. E’ un bel modo di iniziare, come in alcuni dei nostri primi concerti nei club di Dublino. Uno in cui abbiamo suonato è il “McGonagle’s” e quindi chiamiamo questa parte del concerto il “momento McGonagle’s”. Naturalmente non potrebbe essere più facile da mettere in scena. Poi sfruttiamo questi favolosi strumenti tecnologici che abbiamo predisposto per lo show. Diventa davvero divertente ed anche psichedelico e surreale, e poi lo portiamo ancora una volta da un’altra parte. Ci sono davvero quattro fasi diverse all’interno dello show, tutte con sentimenti differenti. Quindi li uniamo insieme. Fare in modo che questo percorso emozionale funzioni è la vera sfida.

Bono: Quando guardo a questi strumenti tecnologici, quello che è stupefacente è che non sono così invadenti quando sono spenti. Puoi vederci attraverso. Puoi essere perdonato per aver pensato “Questa è molto lontano dal punk rock”. Ma quella che era l’anima del punk rock per noi era il desiderio di comunicare con il nostro pubblico in modo paritario, intendendo che non ci sono divisioni tra te e la gente che viene a vederti. Effettivamente terminavamo spesso il concerto tra il pubblico. Finivamo a finire a dormire a casa degli spettatori e loro a casa nostra. C’era questa democrazia.
Iggy Pop per me è sempre stato il cantante “definitive” per me. Non era affatto soddisfatto nello stare semplicemente sul palco. Abbattere la quarta parete è sempre stato un principio basilare di ogni concerto degli U2. Questo mi riporta a quel pubblico di Los Angeles con la bandiera bianca e, in modo piuttosto bizzarro, ad una rissa in mezzo al pubblico con la bandiera della nonviolenza. Ho finito col perdere la testa. Era patetico.
Ma per sviluppare il palco B, i collegamenti satellitari, fummo i primi a farlo, una volta inventati gli auricolari IEM e quindi divenuto possibile. Poi invece di guardare soltanto allo sviluppo dei video, che utilizzammo per primi, percorremmo nuove strade con lo Zoo TV e poi con il Popmart verso un nuovo livello. Tutte queste innovazioni arrivarono da quel pensiero del 1979 “There’s no them, only us”. Fare in modo che il posto più lontano della sala sia quello migliore, è il compito di ogni artista.

Rolling Stone: L’impossibilità di suonare la chitarra cambia qualcosa? E’dura ora fare One dato che l’hai sempre suonata su questo pezzo?

Bono: Sai, Ho sempre pensato di toglierla quando la suonavo. So che stiamo ridendo dato che la band non sembra rimpiangere molto la mia abilità di chitarrista, ma non mi manca molto sul palco. Mi manca una volta sceso dal palco. Mi manca adesso. Mi manca nei camerini. Mi manca quando vuoi scrivere qualcosa e non puoi ascoltare cosa c’è nella tua testa. Abbiamo anche Terry World. Terry [Lawless] è là sotto che suona le tastiere o farà qualcosa per coprire oppure la “spoglieremo”. Ieri abbiamo spogliato l’arrangiamento di Mysterious Ways, fino a trasformarla in un semplice pezzo con la chitarra acustica. E’ un gran divertimento. Funziona.

Rolling Stone: Ho visto una lista di 43 canzoni che avete provato. Quanto cambierà lo show tra una prima e una seconda data nella stessa città?

The Edge: Dobbiamo preparare uno show di cui essere soddisfatti e poi lo scopriremo’.

Rolling Stone: Come pensate che sarà lo show tra qualche settimana o mese?

Bono: Ci pensavo oggi durante il soundcheck. Non abbiamo una grande sezione acustica. Mi piacerebbe suonare un set acustico di mezz’ora nelle seconde date, perché no? La possiamo fare. Quante canzoni hai detto che abbiamo provato?

Rolling Stone: Ho visto una lista di 43.

Bono: Edge, dici che è vero?

The Edge: Abbiamo 60 canzoni per il tour. Non le ho provate tutte con la band. Io ne ho pronte 60. Le ho contate. Sul fatto che lui non suoni la chitarra, mi manca. Mi manca in particolar modo quando devo fare un assolo e non c’è Bono a “coprirmi”. E’ come “Oh merda. E’ davvero diverso così”.

Bono: Se ascolti molti gruppi degli anni ’70, Edge, non hanno spesso l’accompagnamento. Anche The Who. Dà più risalto al basso, ma grazie per averlo detto. L’ho apprezzato molto.

 Grazie a Dominus per la traduzione completa

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