U2 Songs of Experience: dall’oscurità alla luce

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Esistono due cose che non abbiamo chiesto e non chiederemo mai: nascere e morire. In mezzo c’è tutto, dall’innocenza all’esperienza.
Si nasce senza niente, nulli e si muore senza niente ed è questo che Bono, in questo Songs of Experience ha cercato di catturare, tutto quello che c’è in mezzo, il più possibile, prima di tornare al vuoto, al nulla, all’oscurità.
Songs of Experience si presenta come un disco apparentemente leggero, i singoli presentati come ‘You’re The Best Thing About Me’ o ‘Get Out Of Your Own Way’ lasciano intuire questo eppure anche lì, nei testi, dietro alle melodie orecchiabili ecco che si intravede la vena poetica e profonda di Bono che ogni volta ci lascia con profonde riflessioni.
Perché Songs of Experience è una riflessione sulla vita, sui sentimenti e sulla morte, ed è lì che tutti prima o poi dovremmo arrivare.
La morte che riaffiora ancora una volta nei testi di Bono: da I Will Follow, dalla morte di Iris, alla morte di Bob Hewson fino a Songs of Experience.
Tutta la vita ha dovuto confrontarsi con la morte e questa volta i testi sono stati ispirati da una sua esperienza diretta, come racconta lo stesso Bono nella lettera che lascia in eredità ai fan: la paura di morire che in qualche modo diventa il volano per un disco che cresce ad ogni ascolto.
Songs of Experience comincia con un brano coraggioso, per gli U2, Love Is All We Have Left. E sembra quasi un pensiero che Bono ha cercato in qualche modo di concretizzare quando la paura della morte ha bussato alla sua porta. L’amore è tutto quello che abbiamo lasciato, ed è in qualche modo il calore e la sicurezza delle luci di casa, che in lontananza crescono, con Lights of Home e riempiono il cuore e che permettono di ritrovarci.
Non vuole essere questa una delle tante recensioni che vanno di pari passo a descrivere i brani, uno alla volta, no… questa è la recensione di un fan, di un fan che si emoziona e scrive di getto quello che prova, gli U2 non si possono studiare a tavolino come se fossero una verifica da fare a scuola.
Gli U2 vanno vissuti e in qualche modo va assorbita la loro esperienza, i loro errori e i loro successi, non esiste esperienza senza innocenza. Non si può smarrire la via e ritrovarla con l’esperienza se non si sono fatti gli errori per perderla grazie all’innocenza.
Per questo motivo in diversi brani ci sono strofe di Songs of Innocence, cambiate trasformate e rivisitate, non è una mancanza di idee come qualcuno può aver ipotizzato… anzi, è proprio questo il concetto: non esiste esperienza senza innocenza e l’innocenza ha bisogno dell’esperienza, è un’intersezione, non un distacco.
Per diretta ammissione di Bono Songs of Experience nasce dall’esperimento suggeritogli dal poeta Brendan Kennelly, “se in qualche modo vuoi scrivere dei tempi che stai vivendo, scrivi come se fossi morto”.
Ed è qui che Bono rinasce, partendo dalla fine, partendo dalla morte, per tornare alla vita, alla gioia di vivere, alla fede: in Dio, in se stesso, in Iris, nell’amore.
Bono parte dall’oscurità, dalla paura del vuoto e del nulla, per arrivare alle luci di casa perché finchè c’è speranza, finchè c’è luce, c’è vita.
Ogni brano è di fatto una lettera, una lettera che Bono ha scritto… ai suoi figli, ad Adam Larry e The Edge, ad Alison (Landlady), ai suoi fan (The Showman), a se stesso.
Songs of Experience è un processo creativo che nasce da A Day Without Me e arriva qui, al 2017, 41 anni dopo, a quel vuoto a forma di Dio lasciato da Iris che ancora oggi è lì.
Dopo essersi messo a nudo con Songs of Innocence anche questa volta Bono e i suoi fedeli compagni riescono a contrastare le ombre, l’oscurità.
Perché è ‘nell’oscurità, dove hai imparato a vedere, quando le luci si spengono’ [The Blackout] che ognuno di noi riesce a vedere se stesso, per quello che è. L’oscurità è necessaria per poter vedere le stelle.
Chapeau Bono, ancora una volta grazie per averci permesso di leggere il libro del tuo cuore.

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