Willie Williams, quarta e ultima parte della sua intervista

U2 Lighting Plot 1PARTE 1  –  PARTE 2  –  PARTE 3

Ecco la traduzione della quarta e ultima parte delle parole di Willie Williams, intervistato con grande competenza da Live Design.

Live Design: Arrivando alle specifiche del tuo impianto luci, c’è niente di nuovo che hai provato e ti è davvero piaciuto?

Willie Williams: Mi sono piaciuti i fari Bad Boy della PRG, in particolare la possibilità di ottenere uno zoom adeguato, piuttosto che ridurre semplicemente la dimensione del diametro. E’ difficile concepire che così tanta luce possa arrivare da un oggetto così piccolo.

Adoro i neon fluorescenti ingabbiati. Hanno il loro ruolo specifico nello show, che è probabilmente una novità assoluta per un apparecchio per l’illuminazione. All’inizio con quello che chiamano “il club punk” – li lasciamo sempre accesi per la prima metà dello show. Poi, quando lo schermo/passerella scende del tutto, altri neon, sia sopra che sotto, diventano il pauroso sottopassaggio dopo il bombardamento. Infine, proprio al termine dello spettacolo, ricompaiono, alcuni in orizzontale ed altri in verticale, e si allungano dal palco a reticolo, formando una bella “città della luce” come se ci redimessimo e andassimo in paradiso (o da qualche parte).

E’ alquanto bello che siano azionati manualmente. Quelli della Tait erano entusiasti di farli stare su tramite un ariete idraulico (un dispositivo idraulico ndr) o qualcosa del genere, ma ho il solo Nick Barton e le lampade per circondare il palco e tirarle su quando ne abbiamo bisogno.

 

 

LD: Come sono stati prodotti i contenuti video?

WW: I contenuti video per questo show non sono neanche lontanamente casuali e sono davvero importanti per la narrazione. Bono era entusiasta che non ci siano “troppi sapori” e non la solita diversa selezione diversa di idee disgiunte da una canzone all’altra.

Abbiamo sempre saputo che lo show sarebbe stato in due parti – Innocence e Experience – e così Bono chiese se potevamo avere un singolo artista a sovrintendere ciascuna parte. In modo molto triste, dal tour 360, abbiamo perso per un cancro Run Wrake, il pilastro per i nostri contenuti video, e così ci siamo trovati a ripartire da zero.

Sam Pattinson, a lungo mio produttore video, ha fatto molto ricerche e ha trovato qualche grande talento, e così abbiamo iniziato a mettere insieme una lista dei risultati. E’ una cosa difficile portare nuovi artisti nell’ambiente di un rock show perché per loro è un po’ un cambio di mentalità nell’essere a proprio agio con noi che essenzialmente rivoluzioniamo il loro lavoro. In più, considerata la forza della narrazione in atto, non eravamo alla ricerca di idee da realizzare, che sarebbe stato ancora più difficile. Non stavamo cercando una nuova interpretazione delle canzoni.

Alla fine tutto ha funzionato quando, con il team in-house The Third Company, abbiamo iniziato a realizzare le prime versioni dei contenuti. Queste sono servite come demo da mostrare alla band e anche come modelli per una successiva ulteriore lavorazione una volta definito lo stile richiesto. La prima parte si è basata sull’essere molto artigianali, con ritagli e rimandi alle grafiche punk, in modo da riflettere l’influenza di Linder Sterling e altri del periodo punk. La seconda parte è caratterizzata da una visione ad alta risoluzione di un futuro fluorescente, mostrando l’estremo opposto. Abbiamo lavorato con alcuni grandi persone in questo percorso. Il cosidetto Xaver Xylophon di Berlino ha realizzato alcuni dei primi rendering, con contributi video da Kevin Godley e anche da Damien Hirst.

Alla fine, i due artisti che rappresentano le due metà sono Oliver Jeffers, un artista e disegnatore per bambini che viene dall’Irlanda del Nord, e Jeff Frost, un giovane regista di Los Angeles. I disegni semplici di Oliver si sono trasformati nello stile della casa nella prima parte mentre la straordinaria stop-motion ad alta risoluzione, la città in time-lapse e i paesaggi naturali di Jeff sono diventati il nostro obiettivo nella seconda parte.

 

LD: Ci sono effetti speciali?
WW: Nessuno, tranne l’effetto nebbia, ovviamente. Oh, e otto macchine per coriandoli che ricoprono il pubblico con pagine dell’Ulisse, Il Signore delle Mosche, I Salmi e Alice nel Paese delle Meraviglie. Un giorno Bono mi ha detto “Quando hanno bombardato la biblioteca di Sarajevo, le pagine dei libri sono piovute sulla città per giorni. Parole, poesie, frasi, tutte mescolate, caddero nelle mani della gente. Pensi che potremmo riprodurre questa cosa?”

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LD: Ci sono stati problemi tecnici che alla fine hanno cambiato il progetto?
WW: Il peso è stato un enorme problema. Lo schermo/palco inizialmente avrebbe dovuto essere più lungo di circa 7 metri e occupare l’intera passerella ma, in combinazione con la grande quantità di sistema audio e attrezzatura, sarebbe stato impossibile da portare in tour.

LD: Altre sfide?
WW: L’altro grande problema, ovviamente, è che Mark Fisher non è più qui. Fortunatamente, stava bene abbastanza da partecipare al primo incontro che abbiamo avuto riguardo questo show a marzo del 2013. E’ stata la prima volta che il team creativo si è riunito con la band, quindi molti di noi non si vedevano da un paio di anni. E’ stata anche la prima volta che Ric Lipson e Es Devlin hanno incontrato la band, diventando poi i miei principali collaboratori nella progettazione.
Purtroppo Mark non è stato in grado di partecipare di persona ad altri incontri, ma ha partecipato via Skype un paio di volte. Al suo ultimo incontro, non se la sentiva di accendere la sua webcam su Skype, così ha trascorso la riunione come questa voce incorporea che usciva dal laptop di Ric. Mark non aveva parlato per un po’, e la conversazione era passata a quanto ci piacciono i palchi che “sono” qualcosa – sono un oggetto vero e proprio, oppure la sua astrazione. Bono chiese a tutti noi di pensare ad un oggetto che riassumesse gli U2, e questo, magari, sarebbe diventato un’idea per il progetto del palco. Siamo intervenuti tutti con varie proposte, poi Bono si è chinato verso il laptop e ha chiesto “E tu Mark? Cosa ne pensi?” C’è stata una lunga pausa e poi abbiamo sentito, “una fottuta croce! Perché non lo fate e basta, e mettete una fottuta croce in mezzo allo stadio!?”
Ci siamo messi tutti a ridere, ma abbiamo preso a cuore le sue parole. Quando i tubi fluorescenti ingabbiati prendono la loro configurazione finale della “città di luce”, alcuni sono orizzontali e altri verticali, così, qui e là, da alcune angolazioni, puoi vedere le fottute croci di Mark.
Pensiamo a lui ogni volta che appaiono.

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