Fiducia, assoli di tromba e stagisti perduti: ricordando War trenta anni dopo con Steve Lillywhite

Steve Lillywhite, che per gli U2 ha prodotto i dischi Boy, October e War, e ha co-prodotto Achtung Baby, How to Dismantle an Atomic Bomb e No Line on the Horizon, in occasione del trentennale dall’uscita di War ha rilasciato questa intervista a Tassoula E. Kokkoris per @U2.

Sono passati trent’anni da quando War degli U2 ha risuonato nel mondo, ma solo cinque da quando Steve Lillywhite ha parlato con @U2 di questo disco. Per questo motivo aveva paura che alcuni argomenti sarebbero stati ridondanti per i fan. Dopo averlo rassicurato che non avrei ripetuto vecchie domande, era pronto al viaggio nel tempo nel 1983 per discutere dell’ultimo album degli U2 che ha realizzato completamente. Naturalmente, poichè Lillywhite è una personalità vivace, la conversazione ci ha portato ben oltre War e abbiamo anche giocato.

Voglio divertirmi un po’ prima di tuffarmi nell’intervista per stimolare i tuoi ricordi del disco. Mi piacerebbe giocare con te con l’associazione di parole.

Oh, mio ​​Dio!

Io dico il titolo del brano e tu dici la prima parola che viene in mente.

Sei il mio terapeuta? (ride)

Fammi vedere se riesco a prendere le canzoni da iTunes. OK sparo! Sunday Bloody Sunday.

Batteria.

Secons.

Televisione.

New Year’s Day.

Hit.

Like A Song.

Tamburi… alla fine.

Drowning Man.

Grande!

The Refugee.

Non il mio.

Two Hearts Beat As One.

Danza.

Red Light.

Strano.

Surrender.

Coconuts.

40.

La fine.

Wow! E’ stato divertente.

Non ci avevo mai giocato prima!

Sulla creazione di War

Hai appena detto che The Refugee non era tua. Dove eri quando la band stava lavorando a questa canzone?

In quel periodo stupidamente non ho mai voluto produrre più di un album con chiunque. Perché pensavo: “Non posso fare tanti dischi, e non è giusto per l’artista. Hanno bisogno di lavorare con altri produttori per imparare a ottenere influenze da altre persone, non solo da me”. Così, alla fine di Boy ho detto: ” Va bene, farò un secondo album, voi sapete che non penso che sia giusto, ma farò il vostro secondo album”. Così ho fatto October, che forse non è stato considerato come un successo commerciale come Boy, così ho detto: “Guardate ragazzi, si dovrebbe davvero provare qualcun altro ora”. Quindi hanno fatto qualche registrazione con Sandy Pearlman, che era il manager dei Blue Oyster Cult, ma hanno anche fatto qualcosa con questo ragazzo irlandese che più tardi fu coinvolto in Riverdance. Il suo nome era Bill Whelan. Hanno fatto The Refugee e ricordo di aver chiesto perché non fare tutto l’album con lui. E la loro risposta è stata: “Forse non è esattamente come vogliamo essere”.

Ma The Refugee è nell’album.

Sì, sì. Non avevano scritto molte canzoni in quei giorni quindi è stato un caso utilizzare praticamente tutto ciò che avevamo registrato. Sai, l’album postumo degli U2 non avrà molte canzoni finite a causa del modo in cui lavorano (ride), avrà molte canzoni iniziate a metà!

Ci credo.

Quindi, in ogni caso, mi hanno chiamato e detto: “Steve, cosa fai a settembre?” io: “Niente”, e loro: “Vuoi venire a fare il nostro terzo album?”, così ho detto: “Va bene”, e ho fatto War. Ma hanno detto: “Guarda che abbiamo questa canzone chiamata The Refugee“, l’abbiamo ascoltata e ho pensato: “Sì, suona bene”, così ho detto: “Dobbiamo solo continuare a lavorarci”.

In realtà questo era il primo brano che è stato fatto, o quasi?

Sì.

Quindi, sei in studio e state andando sempre più a fondo con le registrazioni. Gli U2 vogliono conquistare il Mondo, non lo hanno ancora fatto del tutto e le sessioni stanno andando bene, ma il cantante ha bisogno di una spinta in più. Tu gli avresti dato quella spinta in più, come Niall Stokes ha indicato nel suo libro Into The Heart. C’è uno specifico passaggio che recita: “La registrazione di War era stata esilarante, tesa e infine sfiancante. Ci sono stati momenti durante la loro detenzione a Windmill in cui Steve Lillywhite ha dovuto spingere Bono ai limiti, costringendolo a cantare fino a fargli sanguinare la sua gola”. E’ vero? Lo gola di Bono davvero sanguinava?

(con sarcasmo) Il Mondo è stato fatto in sette giorni? Non credo che sanguinasse. Sì, ho spinto Bono, ma Bono deve essere spinto? Egli è il più grande al mondo capace di auto-spingersi. E’ stato un caso a spingere tutti noi insieme. Sì, suona bene che io ho spinto Bono, e tu lo sai… (pausa) forse ho fatto sanguinare la sua gola! Per lui in quei giorni sicuramente non è stato facile scrivere il testo di una canzone come fa adesso. Talvolta scriveva una poesia, veniva in studio e diceva: “Senti questa! Ho il testo della canzone!” e iniziava a leggerla come una poesia e io: “Sì, suona bene Bono, ma vai a cantarla perché non sono parole di una canzone fino a quando non sono provate dentro una canzone”. E naturalmente andava a cantare questa poesia che aveva scritto che in realtà non erano connesse. Così allora si rese conto, credo, che lui veramente scrive solo come canta. Qualcosa che appare nella sua mente quando si perde e poi se ne va e giri di parole di questa sorta di stato alterato che egli stesso crea.

In alcuni dei loro video gli abbiamo visto fare quello che gli Irlandesi chiamano “lamento”, dove gridano dalla loro anima fino a quando le parole escono fuori.

Sì, una sorta di Sciamanismo.

Sulle canzoni

Hai detto in passato che quando hai fatto questo album, nessuno di voi aveva davvero pensato a quella che sarebbe diventata la  “canzone da radio,” ma Sunday Bloody Sunday e New Year’s Day ovviamente sono state mandate in costante rotazione alla radio e su MTV. Sei rimasto sorpreso che queste due sono schizzate verso l’alto?

Quando sto facendo un album sono così coinvolto in tutte le canzoni e sento che il mio lavoro non è quello di decidere quale è la “hit”, perché, per definizione, se decido quale è la “hit”, potrei lavorare più su quella che sulle altre e allora sono molto attento a trattarle tutte allo stesso modo. Penso che le canzoni sono come le persone, così voglio trattare le canzoni allo stesso modo di come tratto le persone. Non importa se sei la persona più ricca o più povera. Mi piace pensare che ti tratto allo stesso modo chiunque tu sia. E sento che le canzoni sono così. Alla fine dell’album vedo le canzoni come a una corsa di cavalli. Quando tu finisci l’album, tutti i cavalli sono allineati insieme sulla linea di partenza e nessuno di loro per noi è più importante di un altro, ma naturalmente, come inizia la gara, alcuni cavalli vanno davanti e ovviamente New Year’s Day e Sunday Bloody Sunday si staccarono e divennero quasi canzoni di famiglia, ma già allora ricordo di aver pensato che Sunday Bloody Sunday era grande. Edge aveva passato l’estate a lavorarci, mentre eravamo tutti in vacanza. Ma New Year’s Day? E’ stata una di quelle canzoni che ho pensato: “Dio, io amo quella canzone”, ma non ero sicuro che sarebbe stata una canzone così grande per loro. Sai, I Will Follow aveva un riff di Edge veramente grande e il riff principale di New Year’s Day era un pianoforte.

E’ il giro di basso!

Beh, sì, è la combinazione tra il giro di basso e il pianoforte.

Che era diverso al momento, almeno.

Sì, lo era. E non ero sicuro di come sarebbe andata, ma devo dire che c’era un giovane ragazzo che si sedeva in fondo allo studio, che era sempre fuori di testa quando New Year’s Day è venuta su.

Ragazzo intelligente.

Ho ascoltato il ragazzo.

Quel ragazzo ora deve essere un assistente di studio.

Non posso ricordare il suo nome, ma era uno stagista.

Che stagista fortunato!

Sai, al giorno d’oggi, non avrei mai permesso a nessuno di sedersi in studio. Non so cosa gli sia successo.

Forse lui vedrà questa intervista e ti contatterà.

Sarebbe fantastico.

Allora, chi ha deciso che The Edge poteva cantare su Seconds?

Oh mio Dio. Non lo so. Wow! E’ la prima volta che me lo chiedono e sto cercando di ricordare. Che strano. E’ la seconda canzone sull’album?

Sì lo è.

E’ la seconda canzone sull’album e poi hai un cantante diverso. Molto strano! Sai che non ho ascoltato l’album per molti anni, perché non lo faccio mai. E ci sono alcune cose strane che sono uniche per War e che non sono come in qualsiasi altro album degli U2. Cose come assoli di tromba.

Sì. Penso che sia perché questo è il mio album preferito degli U2.

(incredulo) Lo è? Davvero?

Assolutamente. Lo ascolto ogni volta. Quando ero al liceo lo ascoltavo ogni giorno. War sulla strada per scuola e Abbey Road al ritorno.

Sono in singolare compagnia!

Io capisco chi è stanco di alcuni loro album, ma io non mi stanco mai di questo.

Beh, forse è perché è strano, hai Edge che canta, hai le Coconuts, un trombettista…

Parlando delle Coconuts, chi ha deciso che ci sarebbero state delle voci femminili su questo album?

Oh, è stato così casuale. Kid Creole e le Coconuts non erano una grande band negli Stati Uniti, ma nel Regno Unito per circa sei mesi sono stati probabilmente la più grande band del Paese. Voglio dire, hanno avuto alcune incredibili canzoni e singoli al numero uno e tutti erano innamorati di Kid Creole e le Coconuts. Ed è capitato che erano della stessa casa discografica degli U2, la Island Records. Stavano suonando a Dublino, li abbiamo raggiunti al concerto e forse proprio io gli ho chiesto: “Se avete un giorno di riposo domani forse volete venire dallo studio, e chi lo sa? Forse cantare?”. Così il giorno dopo sono venuti allo studio e c’erano queste giovani ragazze molto carine di New York che sono state impertinenti e piene di spirito e noi abbiamo flirtato come matti con loro e Surrender è stata la canzone che abbiamo usato. Ma solo perché loro erano in città. Nessuno aveva mai detto “Serve una cantante donna su questa canzone”.

Non erano anche all’inizio di Red Light? Il canto dah-duh duh, dah-duh duh. Quella parte?

Credo di sì. Sì, anche quella.

Così sono state semplicemente fortunate? Al momento giusto.

Non so se sono state fortunate perché non sono sicuro se sono state pagate.

(risate)

Gli U2 parlano sempre del modo in cui gli piacerebbe tornare indietro e rivedere Pop. War ovviamente non ha subito lo stesso contraccolpo dai fan, ma tu come una delle persone chiave che gli hanno dato la vita, ci sono dei brani specifici che rivedresti se ne avessi la possibilità?

Non me ne viene in mente nessuna.

Quindi non sei più un perfezionista? Credo che i membri della band hanno problemi a lasciare andare le loro creature.

Oh, assolutamente! È per questo che mi prendono. E tu devi avere un senso di fiducia. Perché alla fine della giornata loro non ne hanno idea. Sono solo esseri umani. Ne sono così coinvolti. Ma hanno una squadra di persone di cui si fidano e io sono uno di loro. Ma se non voglio essere invitato a dare una mano su questo nuovo album, non lo so. Ma se lo sono, lo farò. E se non lo sono va bene lo stesso. Io li amo ancora da morire e gli auguro il bene. So che si sforzano così tanto.

E non si sono ammorbiditi con l’età?

Sì, tutti cambiano con l’età. Penso che un buon cambiamento degli U2 con l’età è che in qualche modo sono diventati meno paranoici. Bono è diventato più simile a suo padre. Adesso è un uomo molto divertente e modesto. All’inizio era molto serio.

Aveva il peso del mondo sulle sue spalle.

Sì, stava ancora cercando di capire di che cosa si trattava.

Sui media

All’inizio la rivista NME è stata particolarmente brutale verso gli U2, e il loro redattore Gavin Martin offrì una recensione particolarmente caustica su War. Egli ha scritto: “La musica rock come un ingenuo luogo comune “noi possiamo cambiare il mondo” è morta quando gli Stones hanno suonato Altamont e le tre J (Janis, Jimi e Jim) hanno superato loro stessi. Se si deve portare di nuovo in vita, sarà attraverso l’azione spontanea, non con manifesti calcolati da un pulpito”. Questo ovviamente è riferito a Bono e ai suoi testi. Avete mai voluto richiamare qualcuno dopo aver avuto tanto successo, e solo per dirgliene quattro?

No! Questa recensione il giorno dopo era carta per il fish and chip.

Quindi le critiche negative non ti arrivavano?

Vedi il punto è che se ti arriva qualcosa di positivo pensi “Hey, siamo grandi…” poi ti arriva il negativo. Io cerco di non farmi raggiungere da entrambi e mi dico: “Beh, sai, ho fatto del mio meglio e non è da tutti”. Ma soprattutto con NME a quei tempi non erano mai di moda. Quindi, per quanto fosse stato buono il disco, non avrebbe mai ottenuto una buona recensione. NME in quei giorni ha criticato l’atteggiamento piuttosto che la musica.

Sulla produzione

Torniamo di nuovo indietro al luglio del 1983, Trouser Press ha intervistato gli U2 e Bono e ha spiegato come sei tornato per la produzione di War. Lo ha citato dicendo: “Ho telefonato a Steve e in un lampo ha risposto “Ci sarò” e ha detto che siamo il suo gruppo preferito”. Ti piace lavorare con gli artisti con cui lavori? Se è così, gli U2 sono ancora in cima alla tua lista?

Certo. Ho lavorato con grandi band e ho lavorato con grandi band che non erano grandi band quando ho iniziato. E’ molto più soddisfacente partire per un viaggio con un gruppo, cosa che ho fatto con gli U2. Ricordiamoci che nel 1980 avevo già avuto dei successi e loro erano questa nuova band che arrivava da Dublino, è del tutto speciale fare un viaggio con loro e vedere da dove partivano per diventare la più grande band del Mondo. Io ho prodotto anche i Rolling Stones e i Talking Heads, ma quelli erano una tantum. Con gli U2, e in modo molto simile con Dave Matthews, mi sento molto più vicino a loro.

Deve essere stimolante lavorare con persone che cui hai già un rapporto perché allora non c’è bisogno di partire dalle basi.

Bene, si potrebbe sostenere che la familiarità genera disprezzo.

Direi che è fin troppo vero. Ma gli U2 masticano e sputano fuori i loro produttori ad eccezione di te, Brian Eno e Daniel Lanois. Quindi forse sei solo in quella fascia che lavora con loro molto bene.

Con loro ho un rapporto ancora più ampio adesso. Non mi hanno chiesto di iniziare un album dal 1983, da War, ma sono stato coinvolto con tutti loro. Mi portano verso la fine per chiuderla. Penso che quando mi vedono entrare in studio ricordino la prima volta che mi hanno visto: “Oh mio Dio, ecco Steve, faremmo meglio ad applicarci perché siamo studenti e dobbiamo finire il nostro disco adesso”.

Questo ha senso.

E io ho un sistema per trattare con loro, non ho paura di dire: “Forza ragazzi, questo può essere meglio”. Ma anche molte cose che gli dico sono cose che ho imparato da loro. (ride) Forse le hanno solo dimenticate, come: “Dov’è il gancio? Bono, mi hai detto che le canzoni devono avere ganci! Ganci musicali così come ganci lirici”.

Quindi, tu chiami i loro bluff?

Sì perché tendono a dimenticare le cose perché sono belli e irlandesi. Il loro senso del ridicolo è ridicolo.

Ai tempi di War, Bono era membro del “club dei Cantanti”, che a detta di tutti era costituito da lui, Simon Le Bon, Michael Hutchence e Sting, seduti a bere cocktail ai bordi di una piscina. C’è un club esclusivo per i produttori? Sai tutto su come fare la rock star?

No, non proprio. Stranamente non abbiamo molte occasioni di esporci. Forse le band si mostrano un po’ ai festival o ai concerti, ma quando sei un produttore, sei nella tua piccola stanza a fare il tuo lavoro. Ho sicuramente un criterio molto semplice sugli altri produttori: o meritano di vivere o meritano di morire.

E’ difficile!

Sì, è ​​vero. Ho incontrato la stessa quantità di entrambi e non vorrei mai dire quali meritano di morire, ma sono molto amico con Flood, io amo Flood. Ci sono alcune persone che semplicemente disprezzo e penso che stiano distruggendo la musica.

C’è qualcuno che hai cercato di produrre, ma non hai avuto la possibilità di lavorarci? O speri ancora di produrre?

Ho amato Mumford & Sons dalla prima volta che li ho sentiti e mi piacerebbe avere fatto qualche registrazione con loro. Veramente li ho visti l’altra sera e mi hanno detto: “Ci siamo incontrati quando stavi finendo No Line On The Horizon“, che era piuttosto cool. Hanno qualcosa di buono. Ci sono alcuni artisti in determinati punti della loro carriera. Mi sarebbe piaciuto produrre David Bowie o i Clash quando erano al loro apice. Ho visto Neil Young ieri sera, ha suonato questa cosa ed era così pieno di attitudine, era fantastico.

Giusto! I Grammy sono questo fine settimana. Per questo sei in California!

Sì, è stato il concerto MusiCares in onore di Bruce Springsteen e tutte queste persone sono venute e cantato una canzone di Bruce Springsteen. John Legend ha fatto Dancing In The Dark.

Qualcuno ha fatto Hungry Heart?

Sì! In realtà quello che sto producendo ha poi fatto Hungry Heart. Il suo nome è Juanes. E’ una grande superstar latina, ma qui non lo conoscono molte persone. Penso che faremo un disco in lingua inglese e uno in lingua spagnola, quindi è molto eccitante. Lui è fantastico.

E’ davvero difficile produrre qualcosa in una lingua diversa?

Lo scopriremo.

E’ la tua prima volta?

Vediamo… forse? Devo dire di sì.

Bene, buona fortuna.

Juanes è un grande cantante. Ha quarant’anni, quindi non è un ragazzino. La cosa più difficile per me sarà fare in modo che canti in inglese con la stessa emozione con cui canta in spagnolo. Non avevo mai sentito parlare di lui fino a quando l’ho cercato su Google e ho visto che aveva un account Twitter. Mi sono chiesto quanti followers avesse, e sono oltre sette milioni!

Oh, wow! Ne ha più di The Edge.

Oh, ma guarda, gli U2 sono così scadenti con i social media!

Fidati di me, è stato il mio sogno risolvere questo problema per loro. Fa parte del mio lavoro e ho scritto alla band offrendo di gestire i loro social media a qualsiasi titolo mi avrebbero permesso. Finora, niente da fare.

No, è terribile. Ho appena finito un disco con i 30 Seconds to Mars e Jared Leto è il re di queste cose. Voglio dire che ha tutti questi diversi feed Twitter, coinvolge sempre il suo pubblico.

Gli U2 hanno sempre detto che vogliono rimanere rilevanti per il pubblico più giovane. E io non sono neanche giovane,  sono oltre i trenta, ma sono sempre sui social media.

Anche io che ne ho cinquantasette!

Giusto? Devono dedicarsi a questa cosa a un certo punto.

Speriamo.

Sui concerti dal vivo

Anche se l’intera canzone non è mai stata suonata dal vivo, gli U2 hanno eseguito frammenti di Drowning Man a quindici concerti. E l’hanno provata a innumerevoli altri, l’ultima volta nel 2009. Cosa c’è in quella canzone che gli impedisce di suonarla tutta dal vivo? E’ davvero difficile suonarla o è una problema vocale?

Non è un problema vocale perché se Bono ha potuto cantarla in studio la può cantare su un palco. Ci sono alcune sonorità che ho messo nella canzone che credo possono essere difficili da riprodurre. Alcuni dei suoni di batteria, come una grancassa, li ho molto rielaborati. Devo dire che di tutte le mie produzioni, questa è una di quelle che ha richiesto molto tempo. E’ davvero intenso.

Mi chiedevo se a causa della sua intensità loro non riuscivano a trovarci una giusta collocazione nel concerto a meno che non finiscano con essa?

Questo è vero, gli U2 mi fanno infuriare a volte perché non cambiano mai la loro scaletta. Io lavoro con la Dave Matthews Band, e non ripetono un brano per due serate di fila.

Sì, penso che le loro opportunità di scaletta soffrono a causa dei grandi spettacoli di luce di Willie Williams.

Sì, lo so, ma si potrebbe pensare che la tecnologia è sufficientemente adattabile per scegliere tra trenta canzoni.

Oh, io sono con te. Come tutti quelli che vanno a diversi concerti a ogni tour, mi annoio molto sapendo cosa accadrà dopo.

Esattamente! Per loro essere all’avanguardia oggi è cambiare l’ordine delle due canzoni.

Mi è piaciuto molto l’Elevation Tour perché era più semplice e familiare ed era fantastico.

Ho la sensazione che non possano fare niente di più grande.

Lo spero, non dopo il claw!

Mi è piaciuto il claw e quello show, ma non è possibile espandersi di più. Quando entrano in una stanza con Willie Williams ne escono sempre fuori con qualcosa di grande. E’ la stessa cosa che si spera di un sacco di album, quando noi entriamo in studio mi sento che possiamo fare accadere qualcosa di grande. Non sappiamo perché, ma succede.

Voglio sentire canzoni dal vivo che gli U2 evidentemente non vogliono resuscitare. Ho sempre voluto sentire Red Light dal vivo perché volevo essere loro corista quando ero una bambina.

Questo è così carino!

Ci sono canzoni degli U2, sia che tu le abbia prodotte o no, che hai avuto il desiderio sentire dal vivo?

Mi piacerebbe vedere 11 O’clock Tick Tock.

Questo è divertente.

E’ una delle mie canzoni preferite, uno dei miei testi preferiti di Bono. E non l’ho nemmeno fatta io, l’hanno registrata prima. Ma amo “boys and girls collide” (“ragazzi e ragazze si scontrano”). E’ fantastico. C’era anche un tour in cui hanno fatto Into The Heart.

Il Vertigo Tour, sì.

Metà del pubblico nemmeno la conosceva, ma è stato fantastico.

Già, quando tutti andavano a prendere i popcorn, ma i duri a morire sono rimasti e gli è piaciuto, chi era con me.

Le persone come te non sono la maggioranza. La maggioranza vuole sentire le hit. Ma io credo seriamente che quando suonano tre sere in un posto dovrebbero cambiare più di quanto fanno.

Non potrei essere più d’accordo. Soprattutto i bis prevedibili.

Sì, sì, sì! Parleremo di Moment Of Surrender un’altra volta.

Non sono una grande fan di quella canzone.

Non farmi parlare su l’ultimo album.

Va bene. (risate)

Ma probabilmente lo farai tra venticinque anni! (risate)

Per finire

Quando infine gli U2 decideranno di piantarla e annuncieranno il loro tour d’addio, pensi che dovrebbero chiudere il loro concerto finale con 40? O pensi che siamo fan pazzi sentimentali sperando che l’ultima cosa che vedremo sarà Larry dare quell’ultimo battito di tamburo e camminare giù dal palco.

Sai che non ci ho mai pensato, ma che potrebbe essere il modo in cui dovrebbero farlo. Oppure devono fare Drowning Man!

(risate) Si dovrebbe finire così. Questa è una grande idea, in effetti.

La prima esecuzione completa in assoluto di Drowning Man, l’ultima canzone che non hanno mai suonato!

 

Steve Lillywhite su Twitter: @Sillywhite

Fonte: @U2.com

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