“La Stampa di Torino” intervista agli U2: suoneremo tre inediti!

Da La Stampa di Torino: link

U2: a Torino regaliamo tre canzoni inedite
Bono & C. alla vigilia del concertone: “Pensiamo sempre in grande. Stare in una band è il più alto grado di evoluzione per i maschi”

TORINO – Marinella Venegoni
Nel déhors ombroso del ristorante Birilli, precollina discreta, il proprietario Chiambretti assente per ferie, arrivano in leggero ritardo, sorridenti, e i clienti si girano appena. È un incontro storico per i media italiani. Già poco generosi di loro nelle interviste, gli U2 da noi non hanno mai dato perché la nazione, amica in partenza, non necessita di conquista. Ma alla vigilia del concerto di dopodomani all’Olimpico, che segna il ritorno del 360° Tour dopo l’incidente a Bono di fine maggio, gli irlandesi esagerano e si presentano in formazione completa. Più quieti, Larry Mullen e Adam Clayton; brillante The Edge con la sua papalina di lana e le scarpe da ginnastica tempestate di chiodi argentei; inarginabile Bono, in total black, ciabatte e occhialoni scuri supermodaioli. Quattro persone vere, a tavola, che parlano apertamente incrociando le idee e non se la tirano.

Come sta Bono? Pronto alla ripartenza?
«Ogni ora che passa mi sento meglio, è anche giusto scoprire che non si è indistruttibili. L’ho presa con filosofia, c’è stato il mio compleanno, e coricato e immobile ho potuto riflettere sul futuro, perché non penso mai al passato. Non sono un iron man: ho mangiato gelati e ricominciato a fumare. Invece al nostro manager è venuto un attacco di cuore e una gravidanza isterica, doveva cancellare il milione di biglietti americani. Ma poiché una delle cose che si possono fare da coricati è scrivere, ho scritto».
(The Edge, che era pure lui in Francia, aggiunge: «Ho realizzato che avevamo due mesi vuoti, e mi sono messo a suonare per il prossimo disco rock».)

Nella pausa, avrete accumulato un sacco di materiale?
«Abbiamo 25 canzoni pronte e quattro nuovi progetti. Primo: un disco ambient, Songs of ascent; secondo un disco rock; terzo uno di clubmusic, con DJ; quarto, la colonna sonora di Spiderman, il musical che debutta in novembre a Broadway con la regia di Julie Taymor: è una pura che bada alla pièce, ispirata agli Usa del dopo 11 settembre, tempo di ansia, con miti che ci parlano della vita contemporanea».

Di tanta roba, qualcosa finirà sul palco venerdì sera, no?
«Faremo almeno tre canzoni nuove, da vari progetti. Chissà quali. La prima che avete ascoltato alle prove, da fuori lo stadio, è Glastonbury: non abbiamo potuto andare al Festival per il mio incidente ma l’avevamo scritta per l’occasione, durante una settimana pazzesca fra Vancouver, la Rock’n’roll Hall of Fame a Cleveland con Patti Smith, poi Berlino con Jay Z. È uscita con il “roarr” della folla nelle note».
The Edge: «Meglio cantarle dal vivo prima di registrarle, alcune».

Ma questi vostri tour, sono sempre così elefantiaci…
«Alcuni registi, come Coppola o Fellini, erano attratti dalla grandezza. E pure noi».

Molte giovani band si dividono in poco tempo, voi come fate a restare insieme dopo 32 anni?
The Edge: «Sto qui perché non saprei cos’è la vita senza gli U2. Cosa farebbero, questi tre, senza di me?».
Bono: «Quando sono in una stanza e qualcuno mi contraddice, mi innervosisco. Invece con i miei colleghi, sul lavoro, non c’è mai problema di Ego. Vede, Sting è un grande autore, ma le sue cose migliori le ha fatte con i Police. Stare in una band è il più alto grado di evoluzione, soprattutto per i maschi. Noi ridiamo un sacco, c’è alchimia fra noi, riusciamo a trasformare il business in magia. Quando arriviamo sul palco, viene la pelle d’oca al pubblico ma anche a noi».

C’è qualche band giovane che vedete crescere?
«Gli Arcade Fire hanno le palle, e Lady Gaga è un’artista e non una popstar, è più astutamente politica di quel che si potrebbe pensare. Bella Poker Face come la fa al pianoforte, la suona pure mia figlia».

Impossibile non ricordare l’amicizia di Bono con Pavarotti.
«Ho visto di recente Nicoletta, sembra che rifiorisca. Lui veniva tanto criticato, alla fine, perché la sua voce non era più quella di un tempo, ma la musica non è una questione di aritmetica, deve comunicare emozioni».

La sua organizzazione «One» ha inventato un gioco interattivo per cacciare Berlusconi dal club dei Grandi, visto che non ha rispettato le promesse della cancellazione del debito dei paesi poveri.
«Sto imparando la vostra storia che è assai complessa. Noi di “One” non siamo ostaggio nè di destra nè di sinistra. Sono stato criticato quando mi sono fatto fotografare con Bush, ma sono orgoglioso di lui che ha dato il triplo rispetto allo stanziamento iniziale. Avevo litigato pure con Prodi, ma alla fine è stato brillante. Il grande problema siamo noi, che abbiamo fallito nel creare il clima che facesse chiedere alla gente di dare. Berlusconi mi ha messo nel suo manifesto nel 2006, e sarei stato ben contento se avesse pagato; a Genova, quando l’ho incontrato nel 2001, poteva ancora salvare quattromila vite al giorno. Guardi Cameron: sta massacrando il bilancio, ma non ha tagliato gli aiuti. Da voi c’è una generosità sommersa. Mia figlia per esempio, non è di destra né di sinistra ma bada al sodo, pensa a questi temi. Il capitalismo è sotto eterno processo, ma può far uscire la gente dalla povertà».