Sono passati 20 anni da quando alcuni fans ebbero la fortuna (e l’età giusta) per aprire quell’album appena uscito nei negozi che sarebbe diventato il simbolo degli u2 per molti di loro.
Era il 1991 quando la band, dopo una lunga e profonda crisi, pubblicò Achtung Baby. Un clamoroso punto di svolta per loro che avevano abituato il proprio pubblico a ben altre sonorità.
Un colpo per molti fans, un boccone difficile da digerire ma che, in molti casi, si trasformò in amore profondo.
In occasione del ventennale dell’album, U2place ha deciso di dare voce ai propri utenti!
Da oggi a fine novembre verranno pubblicati i racconti e le recensioni, pervenute al nostro indirizzo mail, di alcuni “placers” del forum che hanno voluto condividere la loro storia, le emozioni e la passione con noi.
Nei prossimi giorni, inoltre, verrà aperta una sezione dedicata nel nostro forum per commentare e votare ogni singolo racconto!
Un grazie di cuore a tutti quelli che si sono voluti mettere “in gioco” e hanno aperto il proprio personale cassetto dei ricordi!
Iniziamo con il racconto di Beppe
Buona lettura!
Novembre 1991,
21 anni appena compiuti
Già da un po’ invece seguivo un gruppo che non ho smesso di seguire da quel luglio 1985 quando Bono paralizzò la mia attenzione, e quella del mondo, con la sua esibizione al live aid..la mia attesa a quell’evento fu ripagata da un concerto storico e dalla performance di questo gruppo,come si chiamavano? “ah si , uciù!!” Già..questi 4 ragazzotti irlandesi di cui, all’epoca, conoscevo poco, se non le cose che raramente erano passate in tivù e radio in quel periodo, ma che fortemente volli vedere e attendere quel giorno di luglio.
Eh già, in italia gli U2 erano gli “uciù”, il gruppo conosciuto tramite il video di red rocks trasmesso su telemontecarlo, gli U2 di “rock a mezzanotte” su italia1, gli U2 il cui primo acquisto fu una cassettina dalla copertina rosso sangue e la figura sfuocata di un uomo con la bandiera, comprata (“mmm ,questi son forti”) alla bancarella della fiera del mio paese e di cui conoscevo a mala pena Sunday bloody Sunday , quella del video tra le rocce, i fuochi e quella bandiera bianca agitata e successivamente Pride,canzone potente e con un sound nuovo.. per radio o videomusic. Quel gruppo che, in qualche pomeriggio, anziché studiare guardavo su rai3 nelle repliche dell’ US festival. Un gruppo per lo più visto come ribelle, alternativo.Portavo spillette fatte a mano di cartone e gli amici ti guardavano storto “ ehi tu..”.
Ahimè, quella spilla da quel luglio 1985 mi si era conficcata direttamente nel muscolo principale..
Beata quella volta!
Se ne erano andati ,nel frattempo, gli anni ’80, anni adolescenziali in cui da detestatore della musica ne diventai divoratore, in ascolto, suonandola…quasi per caso. E loro, gli U2, erano sopra la lista.
Gli anni di Giosuè e del Bisbiglio e del relativo film al cinema, dei vinili, di attese per questo o quel disco, per questo o quel concerto, il Flaminio, Il comunale di Modena ove, ahimè, causa minor età non riuscii a realizzare il primo sogno di vederli dal vivo assieme a un compagno di liceo, pure lui traviato dai 4 irlandesi, pure lui con la spilletta e il giubbo in jeans, il capello un po’ lungo dietro e corto ai lati, come il Bono primi anni ’80. E un sogno, andare in Irlanda durante le vacanze estive, progettato durante un sabato mattina al cts di Vicenza, bigiando scuola. Eh si, l’irlanda , terra che sembrava lontanissima e irraggiungibile in quegli anni ma già misteriosamente affascinante, la terra dei 4 ragazzi.
E come le lotte al liceo durante la festa di fine anno, in cui ci divertivamo a interrompere il Rick Astley di turno per mettere la cassettina degli U2: “ok ragazzi gli U2 sono bravissimi, fortissimi piacciono a tutti ma non si possono ballare”, ” ma gli U2 si ascoltano e basta..”, con una punta di orgoglio e sana arroganza giovanile.
Finisce il Liceo e pure gli anni ’80. L’ultima eredità degli “ucciù” sono gli articoli di giornale “terremoto” dei concerti dell’87, il vinile Rattle, la vhs del film, il concerto di fine ’89 trasmesso in radio..dopodichè il silenzio, in attesa di novità.
Si bisbiglia che gli U2 torneranno tra un paio di anni. Poche notizie raccolte qua e la tra i giornali e la tivù, finchè non viene annunciata l’uscita del disco e questo singolo “la mosca” e le anteprime con le recensioni.
Attesa febbrile “come sarà?..mah!” si sapeva poco, qualche notizia sul fatto che il nuovo disco degli U2 avrebbe portato novità.
The Fly, più che una novità, fu un grande colpo al cuore, all’anima: gli U2 dei capelli lunghi erano diventati plasticosi, occhialuti, kitsch..ma che sound, una rivoluzione!
The Fly la assimilai dopo un po’ ma divenne subito una scuola: che suono! Io che da poco mi ero messo a strimpellare e che alla tecnica avevo sempre preferito il suono, l’esecuzione, pensando che il suono sta a un chitarrista come il colore a un pittore..e the edge aveva una tavolozza formidabile in The Fly.
Il video ricalcava benissimo l’atmosfera della canzone e Bono irriconoscibile nelle movenze, nel look, un po’ finto a prima vista ma terribilmente affascinante. Larry con la maglietta dei Ramones, reminiscenze del suo essere punk, il duro del gruppo, Edge con il suo nuovo berrettino, i pantaloni con le paillettes, la les paul custom. Adam occhialuto e un basso nuovo e questo suono generale che aveva fatto a pezzi il passato “per celebrare il futuro”. Un suono ipnotico, avvolgente e mai prima sentito da loro. Bono con la voce distorta e flangerata, metallica, questo potente suono di chitarra che faceva a pezzi la geniale semplicità del passato in una produzione favolosa..2, 3 chitarre, mille suoni, caleidoscopio..ancora oggi a 20anni di distanza di tempo riesco ad ascoltare La Mosca e domandarmi come sia riuscita una produzione così per una canzone che per me è quella che ha il suono più bello in studio..irraggiungibile, sapiente elaborazione e manipolazione di Flood, Eno, Lanois..e un assolo di chitarra da guitar heroes, lungo, denso, stratificato che faceva a pezzi quelli più semplici e scarni di Sunday bloody Sunday e New Year’s Day., lui, l’anti eroe della 6 corde.
Purtroppo il trasformista colpì..si erano re inventati.
Novembre 1991, l’attesa per l’uscita finisce, fortemente cullata dalla Mosca.
Dopo un singolo del genere spasmodicamente conto i giorni per l’uscita..i fatidico giorno arriva e mi reco a Padova, 23 dischi, negozio storico..coda, gente..l’unica cosa che riesco a prendere è il booklet del disco che copre interamente le vetrine, nero, con la scritta bianca Achtung Baby in un corsivo strano, i titoli delle canzoni e poco altro. Deluso, torno verso casa, ma nel tragitto mi fermo in un negozietto a metà strada (non so nemmeno se esiste ancora): non hanno il disco ma lo ordino. Dopo pochi giorni arriva la cassettina e vado a prenderla…L’attesa è come quella del bimbo che aspetta la mezzanotte di natale.
Già la copertina fa capire che un cambiamento è in atto. Anche questo fa a pezzi la semplicità e l’ermetismo del passato, colori, foto su foto, mezzelune, loro completamente trasformati, quest’auto sempre in mezzo alle foto che non so cosa sia. Vedo Adam nudo, altro che i bravi ragazzi del rock, penso, leggo il booklet incuriosito nel capire dove l’hanno registrato, chi ci ha suonato, leggo tanti nomi, oltre ai produttori, leggo di Lou Reed, tante citazioni, gli hansa studios (cosa sono?) , ignorantemente scoprii anni dopo cosa era passato per quegli studi..ah ci sono anche Windmill Lane, beh rassicurante almeno..The fly è la prima del lato B, bene, mi tocca aspettare mezz’ora per riascoltarla!
Inserisco la cassetta nel mangiacassette dello stereo e metto le cuffie…ascoltiamo, si parte!
Parte un trillo che non capisco cosa sia,sembra una chitarra..si forse degli armonici..poi mi arriva una fucilata..”eeeeh? boh!” a prima impressione penso a cosa fosse, un duro colpo di chitarra distorta e potente, sul canale sinistro dello stereo, ben distinto e separato.., il muro è crollato ma qui c’è un martello pneumatico a forma di 6 corde che sta facendo a pezzi Giosuè..una batteria stra distorta che fa da supporto,..mmm,ascoltiamo, suoni strani, a metà tra l’elettrico e l’elettronico..tanti synth. Bono ha una voce modificata, distorta,metallica, come nella Mosca..mah, indigeribile al momento..non riesco a definirla la Stazione zoo, no…,troppo “industrial”, è un trapasso enorme, niente a che vedere col passato. Nel complesso penso, “è una canzone dura”..
Attacca Real Thing, un intro particolare, queste chitarre e queste voci insieme sull’attacco, ipnotiche..carina, più morbida della precedente..tanta chitarra, Bono che canta con la sua voce pulita, coretti in falsetto, carina..già si notano i cambiamenti dei suoni delle chitarre, un taglio col passato, che proseguono con One, colei che i giornalisti nell’anteprima del disco definirono “la prima vera ballata degli U2 e che diventerà un cavallo di battaglia”..effettivamente nella scrittura degli u2 la ballata rock non esisteva .La prima cosa che noto sono le bacchette dell’attacco, 1/2/3..ma come?? Furboni, fanno i fighi, ne hanno tagliata una appositamente per dare un effetto di stranezza ed effettivamente questa stranezza la crea, batte i 3 ed entra la chitarra… ancora adesso è una cosa che mi crea un senso di strano. One all’ascolto mi entrò subito, struggente, melodica, tanti suoni anche qui, molto prodotta , un testo toccante, un finale da brividi , la voce meravigliosamente bella di Bono , non più potente come una volta ma tremendamente bella, con il solo di chitarra di Edge al solito semplice ma essenziale. Questa la digerii subito, talmente bella che non poteva essere diversamente, una canzone che ancora oggi, ascoltata in Achtung Baby , mi provoca commozione. Dannatamente bella, struggente, per gli ultimi, per quelli che “dobbiamo sorreggerci l’un l’altro”, ..beh questa non è difficile, la minore, re, fa, sol..è una ballata, si me la imparo..si sa mai.
“love loove loooooooove lo lo lo lo loove”, distorto, partono dei bonghi , c’è qualcosa di orientale, cassa charlie e rullo, chitarre dilatate, riff potente, gran groove sotto. Adam ricama col basso, Bono narratore nel Giardino dei Getsemani, voce teatrale, preludio della teatralità dello zootv. Sembra parlare a qualcuno, una canzone che più che cantata sembra la narrazione di una storia. Tolgo la musica e leggo il testo, è così! Bono non canta apposta, narra, fa la parte, me lo immagino su un palco da solo che recita “in the garden i was playing the tart, i kissed your lips and broke your heart..” , poetico, attore, usa la parte bassa della voce a mo di recitazione teatrale..che sia il preludio a qualcosa? Nel frattempo entra il solo di chitarra, anche qui caleidoscopio di esagerazioni del mixer e esaltazioni di frequenze di Flood, meraviglioso, ipnotico, tante tante chitarre, questa è bella!finale lungo, tante sovraincisioni.
Entrano i cavalli, dalla porta principale, feedback a manettta e chitarra ultradistorta come mai prima. Larry ci da sui tom e timpani, mentre un cembalo tiene il tempo…”hey hey sha la la”..questa già la canto..è diretta,semplice,potente! ”sei un incidente che deve accadere, sei un pezzo di vetro lasciato sulla spiaggia” traducendo alla meno peggio passaggi di testo non conoscendone il movente e da cosa nasce la canzone..ma è pura poesia, fascino.
La canzone ha un andamento che mi fa pensare che è scritta per qualcuno, è dolce, entra un piano con un giro semplice ed efficace per la sesta canzone, troppo lunga, penso, ipnotica e monotona, però figa la batteria dell’inizio così manipolata. La canzone in se non l’ho amata subito, ma con il tempo, ascoltata attentamente rivela un grande sofferente cantato per una “disperazione che è una dolce trappola”, meravigliosi falsetti di Bono, sapiente produzione, ma non l’ho mai amata troppo a dire il vero.
Beh tanto arriva la mosca adesso..bum! “o baby child”, wha, drive, delay ,entra la batteria, un riff inusuale nella struttura di Edge, più hard rock del suo solito, la voce della Mosca è distorta e flangerata, basso pulsa, falsetti..ok, han tirato giù Giosuè..missione compiuta!
Il suono del solo è il suono di chitarra più bello che io abbia mai ascoltato ,ancora adesso è scuola!
Mai come nella Mosca si sono rimessi in gioco, tutto da capo. Se volete entrare in Achtung baby dovete passare per la Mosca prima! Sembrava il monito dell’uscita del singolo….ritmi tribali, voce effettata, chitarra distorta e magicamente effettata, suoni e aforismi, anche qui un cantato che è appositamente teatrale,ricco di citazioni, frasi gettate nella marmellata sonora. Per i fan degli U2 la Mosca fu un duro colpo, prendere o lasciare, “venite con noi nel futuro o lasciateci a terra!”. La navicella zootv era già partita con La Mosca.
In qualche parte dell’Asiafrica c’è una movenza misteriosa, la chitarra del passato è fatta a fette da questo nuovo suono ipnotico e meraviglioso prodotto da un ‘effetto dell’epoca. Ogni canzone ha il suono adeguato e lui è maestro in questo. La chitarra Edge esperimenta cose nuove, dure per gli integralisti, affascinanti per chi accetta la sfida, ma non è facile..la canzone ha un che di “arabo”, saranno le percussioni o le armonie dei violini synth o l’aria ipnotica, incanta come un suonatore di flauto col serpente, bellissimo giro di basso su cui si posa tutta la struttura. Penso “bella, immediata..il suono di chitarra la tiene in piedi però”. Adam nel disco è pura potenza e ha tirato fuori il meglio di se.
Non faccio a tempo a pensarlo che tira fuori un altro giro sulle braccia attorno al mondo, canzone che ha un che di gioioso, forse la più allegra del disco finora. Bono esercita sul registro basso, poi sui falsetti, narra, una chitarra va in loop sulla canzone, il ritornello e tutta la canzone è sempliciotta ma ci sta in un territorio che invece finora era duro e pesante.
C’ è una luce che illumina la via, entrano dei cantati, dei cori ,che cosa strana iniziare una canzone così, almeno per gli U2. Bono canta e entra una batteria con la chitarra, questa volta quasi quella di una volta,spoglia di tanti effetti. La batteria riempie molto, gioca sui tom, entra una seconda chitarra distorta. Bono narra ancora una volta, è una storia nuovamente, si mette a nudo. Il ritornello è da cantare e da suonare a volume altissimo. Bono canta con una certa disperazione, tirando la sua voce “ricordo quando potevamo dormire sulle pietre..”, con rabbia e una certa disperazione.
Anche questa la assimilo bene finchè non arriva un altro macigno, cupo, ossessivo, penetrante, duro, acrobatico..”non credere a ciò che senti..” già l’introduzione non è gioiosa e la batteria picchia in un ritmo forsennato, ipnotico, irregolare..” non lasciare che i bastardi ti schiaccino..”, frase che da allora ho tatuato nell’anima per una delle migliori canzoni loro. La ascolto 2 volte di fila, voglio assimilarla..è un grande colpo, dura e ossessiva e questo suono roteante sotto a tutto, prima del solo di Edge, solo potente come non mai..tanta chitarra, martellante. Non è gioiosa, per niente ma è terribilmente penetrante “don’t let the bastards grind you down”. Leggo sul booklet di un poeta che non conosco e della collaborazione con Lou Reed, beh interessante: gli u2 con un mostro sacro, icona di ambiguità.
Lascio questo territorio cupo e entra un organo, preludio per un’atmosfera ancora pesante, un basso con tremolo incede, poi un piano,dolcemente..Bono avvolge, il ritmo è atipico, sembra un valzer. La chitarra è un continuo feedback, lacera, come tutto il disco, ha un senso. Entra il primo solo a squarciare quest’aria cupa, sta buttando giù definitivamente Giosuè e continua nel suo lacerante feedback con l’amplificatore, sapientemente dosato nel mix. Non suona, parla, recita pure lei…si lamenta che l’amore per i propri ideali può distruggere … non vedere, uccide. Ci pensa il secondo solo di chitarra a squarciare la tensione..”hey Edge dammi un suono che rifletta quest’attitudine”, il volume si alza e questo solo colpisce duro, potente e cattivo come mai prima, è un segnale. La canzone più Berlinese di Achtung Baby raccoglie le atmosfere di cambiamento dell’Europa, il muro che non c’è più eredita la sanguinosa guerra intestina irlandese. Nell’ultimo pezzo ci sento sofferenza.
Il primo ascolto non basta, è troppo duro il cambiamento, che hanno fatto?? Mi prendo un registratore a pile, lo carico in macchina, e con la mia kadett color beige mi porto Achtung in giro. Non è ancora sceso dall’auto, è sempre lì, pronto, ogniqualvolta io voglia stupirmi. E’ una scuola, mi stupisce ancora oggi come ogni capolavoro musicale.
Loro che abbracciarono il suono dell’America e lo distrussero con questo suono industrialmente Europeo, evocativo e mai così tremendamente attuale. Un contrasto tra il bianco/nero di Joshua e il colore a tinte forti di Achtung, tra il rock dei “due accordi, la verità “ e il martello pneumatico del “gas esilarante”. Eppure sempre loro, di là a fare le rock star idealiste, di qua le rock star per gioco intellettuale. Le poche chitarre degli anni ’80 diventano le chitarre della storia del rock in chiave moderna, la telecaster, le gibson semiacustiche, la rickenbacker dei Beatles viene violentata su Mysterious Ways, il suo suono scarno diventa un tappeto sonoro, contrasto tra tradizione e futuro, connubio tra passato, presente,futuro..in modo atipico, riproposto da lì in avanti. Violentiamo la tradizione e facciamola nostra,sembra il motto. La batteria viene effettata, il basso idem, thunderbird o precision che fosse..facciamo a pezzi la tradizione rock…esploriamo al massimo le possibilità degli strumenti, Danny, Brian, dateci una mano.
Bono con la sua Gibson “i feel good” incarna un moderno Elvis, gioca ma chissà se Elvis starà ancora costruendo l’edificio da qualche parte.
Loro che soppiantarono il loro rock essenziale evocativo dei primi anni con l’elettronica, i suoni, le drum machines, i sequenze. Loro che tirarono un pugno in fronte all’alberello per spianare la strada al ventennio successivo..non più 3 chitarre, ma 7/8/15, cavi, handycam..impossessiamoci dell’elettronica e usiamola per i nostri fini, da qui in avanti.” Siete pronti ad accettare la sfida?”, io la accettai! Loro che alla sicurezza preferirono ridiscutersi, re inventarsi con esercizio di grande coraggio!
Da allora, gli u2 che già erano una fede, dopo aver assimilato Achtung diventarono un riferimento, una palestra, una scuola…anche nei momenti in cui la fede vacillò. Dicembre ’91, tuttomusica con il titolo “berliner spleen”, il mensile chitarre luglio ’93, non mi perdevo le riviste italiane che parlassero di Loro, del disco , del tour che rivoluzionò il concetto di live concert, loro che portarono la musica assimilata a uno spettacolo teatrale ma che era già teatro all’ascolto di Achtung Baby..loro, 4 di noi su un palco…
Loro che il 31/121989 si sciolsero per rinascere il 18/11/1991 col nome U2, ah no, “uciù”.
Beppe