Sunday Independent: “Gli U2 devono recuperare le loro radici e rinnovare i loro legami con l’Irlanda”

Pubblichiamo la traduzione di questo lungo articolo di Brendan O’ Connor comparso sull’edizione domenicale del quotidiano irlandese The Independent. Una riflessione sugli ultimi anni di carriera degli U2 a partire dall’esibizione a Glastonbury e un tentativo di immaginare cosa succederà una volta concluso il 360 tour, con una proposta su come ripartire per restare la più grande band del mondo, anche dopo i 50 anni.

“Gli U2 devono recuperare le loro radici e rinnovare i loro legami con l’Irlanda”

Preoccupanti crepe sono all’orizzonte mentre la più grande band del mondo inizia a suonare brani vecchi di decenni, scrive Brendan O’ Connor

Domenica, 3 luglio 2011

Potrebbe sembrare strano al momento parlare degli U2 come una band in crisi. Hanno eseguito uno show in qualità di headliner al festival di Glastonbury lo scorso weekend con successo ragionevole e dopo una gestazione difficile il musical Spider-Man di Bono e The Edge ha alla fine aperto come si deve, guadagnando 1,7 milioni di dollari (1.2 milioni di euro) nella prima settimana, rendendolo il terzo più grande musical a Broadway in questo momento.
Lo show da 75 milioni di dollari a quanto pare necessitava solo di guadagnare 1,2 milioni al botteghino nella settimana di apertura per mostrarsi “capace di sopravvivere”, quindi ne è chiaramente più che capace. Questo mese la band concluderà il 360 tour, tour da 700 milioni di dollari di ricavato, il tour rock’n’roll di maggiore successo nella storia. Quindi in effetti, ci si potrebbe chiedere, crisi, che crisi?
Ma è importante ricordare che dietro a tutti i tour e il denaro e il successo, gli U2 sono fondamentalmente, ancora, un’impresa artistica, ed è anche un gioco di popolarità, e su questi due fronti negli ultimi due anni ci sono state preoccupanti crepe nella più grande band del mondo.
Gli U2 hanno iniziato il loro set a Glastonbury lo scorso weekend con cinque brani da Achtung Baby, canzoni che quest’anno compiono 20 anni. Tra gli altri momenti memorabili del set c’erano un gruppo di canzoni da The Joshua Tree, un album che l’anno prossimo avrà 25 anni. E’ stato il materiale vecchio di 20 anni o più – brani come “One” e “Where the streets have no name” a fornire la maggior parte dei momenti da ricordare durante il loro concerto a Glasto.
A dire il vero, tre quarti delle canzoni che la band ha suonato a Glastonbury avevano due decenni o più, con la presenza di solo cinque canzoni degli ultimi vent’anni, e solo due dal loro ultimo album.
Si potrebbe essere tentati di pensare che la band avesse ceduto all’occasione per suonare un set da “greatest hits”, dal momento che non c’era principalmente il loro pubblico e non c’era principalmente il loro palco. Larry Mullen è andato alla radio inglese alcuni giorni prima di Glastonbury per evidenziare che la band aveva molto da provare lì perché sarebbero stati fuori dalla loro zona di sicurezza. In effetti, Mullen, spesso caratterizzato da Bono come quello che ama dire “no” negli U2, si è espresso pubblicamente chiedendosi perché la band avrebbe suonato, con guadagno minore di quello che realizzano con i loro concerti, per un pubblico che non era il loro, con un palco e un team di produzione che non fosse il proprio allestimento dedicato.
Bono ha ammesso dopo lo show di essere stato molto nervoso, e in effetti si è un po’ notato durante la serata. Ma, in realtà, ripiegare su di set da greatest hits non era una concessione per Glastonbury, dove tutti preferiscono il pubblico che canta. Gli U2 hanno ripreso la leg nordamericana del loro tour un paio di serate dopo Glastonbury proponendo in gran parte la stessa scaletta a Detroit.
Nulla di tutto ciò potrebbe avere qualche conseguenza se non fosse per il fatto che coraggiosamente gli U2 non eseguivano una mera scaletta da greatest hits durante i primi passi del 360 tour. Avevano un album da vendere, un nuovo album, e volevano suonarlo per la gente. E negli anni recenti si era sempre sospettato che fosse importante per gli U2 suonare nuova musica quando erano in tour.
Questo è ciò che li ha resi diversi da dinosauri come i Rolling Stones, che sono essenzialmente diventati artisti da cabaret nella parte più recente della loro carriera, non scomodando i fan con molta nuova musica, fino a non preoccuparli nemmeno con nuovi album con cui andare in tour.
Ma è importante per gli U2, per i loro ego se per nient’altro, di essere attuali, non solo dei “sono-stati” che suonano una comoda scaletta di vecchie glorie. Quindi nonostante una reazione relativamente tiepida dai fan al loro ultimo album No Line on the Horizon, gli U2 hanno coraggiosamente iniziato ogni show di questo tour con quattro nuovi brani dal nuovo album, uno dopo l’altro, e hanno suonato in tutto sette dei nuovi brani. Ora, vicino alla fine di questo tour, la maggior parte delle serate suonano soltanto tre pezzi dal “nuovo” album, e iniziano la maggior parte delle serate non più con quattro nuovi brani da No Line on the Horizon ma con quattro brani vecchi di vent’anni provenienti da Achtung Baby.
In effetti, recentemente, The Edge ha ricordato gli anni di Achtung Baby, parlando di come sia “stupefatto da quanto produttivo e creativo fosse quel periodo”. E lo era. Tra il 1987 e il 1993, gli U2 videro l’incredibile successo di The Joshua Tree, seguito dal collegato, sottovalutato viaggio nell’America che fu Rattle and Hum, poi la sorprendente reinvenzione e il ritorno ai valori europei che fu Achtung Baby, seguito dal suo collegato, sottovalutato fratellino Zooropa.
Bono e Co. sono stati suscettibili riguardo alla ricezione ottenuta da No Line on the Horizon. Mentre è stato dichiarato che l’album ha venduto cinque milioni di copie, questo non è un granché per gli standard U2. La band ha segnalato variamente la natura relativamente sperimentale della musica, il fatto che il singolo di lancio Get on your boots non sia riuscito a conquistare il mondo, e, ovviamente, il mutamento in corso del modo in cui la musica è acquistata e consumata.
Qualunque siano le regioni per cui No Line non ha conquistato il mondo, il prossimo album degli U2 è uno dei più critici nella storia della band. Il prossimo album deciderà se gli U2 sono ancora una band rilevante, vitale e in evoluzione, o se sono destinati ad andare per la strada dei Rolling Stones e diventare uno show di cabaret da stadio itinerante, affidandosi alle vecchie glorie.
L’importanza del prossimo album potrebbe spiegare perché sia stato ritardato fino all’ultima parte del prossimo anno, e perché così tanto lavoro e riflessione stia andando nel realizzarlo nel modo giusto. Da No Line on the Horizon c’è stata conoscenza di quattro album parzialmente registrati. Songs of Ascent, che era pensato per essere un più disteso elemento compagno di No Line…, doveva uscire entro la fine del 2009. Forse l’idea era che sarebbe stato uno Zooropa per l’Achtung Baby di No Line. Nonostante ci fosse un singolo di lancio scelto e annunciato, quell’album non è mai uscito.
Veniva detto che la band stesse anche pensando di rivedere le sessioni che avevano realizzato con Rick Rubin, l’ex produttore metal e hip hop che negli ultimi anni si è fatto un nome rivitalizzando creativamente e commercialmente artisti come Neil Diamond, e più notoriamente Johnny Cash, riportandoli ai loro elementi fondamentali. Queste sessioni produssero una cover usa-e-getta degli Skids con i Green Day intitolata The saints are coming e anche Window in the skies, con quest’ultima che sembrava aver indicato una direzione percorribile per un gruppo di musicisti ora tutti dalla parte sbagliata dei 50. Incapsulando ogni cosa dal rock classico alla Motown al sapore gospel/soul, Window in the skies aveva visto Rubin esprimere l’essenza degli U2, paradossalmente costruendo intorno a loro un muro di suono alla Phil Spector.
Ma Rubin a quanto pare ha rigettato il modo di scrivere canzoni degli U2, progressivo e legato allo studio, insistendo invece perché la band portasse in studio brani conclusi. Si dice che questo sia il motivo per cui gli U2 sono tornati ai loro amici e produttori di lunga data Brian Eno e Daniel Lanois per fare quello che sarebbe divenuti No Line. In effetti Eno e Lanois nell’ultimo album sono stati accreditati come autori per la prima volta, nonostante avessero sempre avuto un enorme contributo nella creazione dei brani in studio.
Ci sono altri due progetti degli U2 incompleti – un album dance e da club, realizzato col produttore di Lady Gaga RedOne, e un album U2 più tradizionale che si stava registrando con forse il produttore migliore e più di tendenza nel mondo della musica di oggi, Dangermouse. Adam Clayton è sembrato recentemente escludere ogni pubblicazione per il materiale da club, affermando che gli U2 avevano bisogno ora di concentrarsi su ciò che fanno al meglio, e che l’album con Dangermouse era quello che ci arrivava più vicino.
Ma non è solo indecisione creativa e perfezionismo che ha portato a un nuovo album degli U2 gettato sempre più lontano. Bono, ovviamente, ha avuto ben noti problemi alla schiena a metà dell’attuale tour e lui e The Edge hanno anche impiegato molto tempo ed energia cercando di ritoccare e salvare il musical di Spider-Man, soggetto a incidenti e assai malignato.
Con Spider-Man ora apparentemente in corsa senza problemi e il tour previsto per concludere alla fine di questo mese, Bono dice di essere entusiasta riguardo al tornare al lavoro su brani nuovi. I recenti commenti di Adam Clayton su perché ciò non sia accaduto prima sono illuminanti. “Dovevamo avere un incontro e vedere il calendario degli impegni per vedere se riuscivamo a trovare del tempo libero per lavorarci su e abbiamo semplicemente realizzato che non potevamo. A essere onesti, tutti eravamo un po’ delusi. Ma era l’unica decisione sensata.
La dichiarazione crea quasi immagini dei soci di un’impresa di architettura che si incontrano a parlare della fattibilità di intraprendere un nuovo progetto.
Gli U2 hanno già superato crisi; la band, e/o gli individui al suo interno sono stati minacciati da qualunque cosa, dalle sbornie alla religione all’improvviso successo mondiale che arrivò all’alba di The Joshua Tree. Ma non ha mai diviso la band e sono sempre tornati sulla strada. Si vorrebbe sperare che siano abbastanza svegli per passare anche questa crisi.
Credo che parte di ciò che manca agli U2 ora sia l’ancora che questo paese ha sempre fornito loro. La relazione degli U2 con l’Irlanda è sempre stata, se volete, la loro relazione primaria, la spina dorsale e il modello per le loro relazioni con i loro pubblici mondiali. Sono sempre state le radici profonde che hanno mantenuto in questo paese, e la realtà che hanno incontrato con la gente di qui, che li ha nutriti, tenuti con i piedi per terra e influenzato lo spirito della loro musica. Perfino il paesaggio e il clima ha permeato la musica degli U2, certamente a partire da The unforgettable fire. L’Irlanda è, se volete, il suolo da cui gli U2 crescono. L’Irlanda li nutre. Mentre possono socializzare con i leader del mondo e bighellonare con il mondo di Hollywood a sud della Francia, la connessione con l’Irlanda è sempre stata ciò che li ha sostenuti e resi diversi, e più reali, di altre superstar.
Quella relazione ora è incrinata e c’è di più della questione tasse, che in realtà, non è tanto un problema quanto la gente pensi. Il vero problema della relazione degli U2 con l’Irlanda è che non sono sembrati essere presenti durante forse i tempi più difficili che questo paese ha visto nella sua vita. Gratta la superficie in Irlanda e c’è un sottile senso di tradimento nei confronti degli U2. C’è la percezione che Bono sia stato un grande uomo nel provare a risolvere i problemi degli altri, ma che sia stato molto tranquillo riguardo ai problemi del paese che lo ha creato. Ovviamente, il fatto che la band venga vista non pagare molte tasse qui non aiuta quella percezione.
Una chiave alle crepe nella relazione ombelicale degli U2 con l’Irlanda potrebbe essere il sottile disagio della band verso l’attitudine attuale dell’Irlanda nei confronti delle persone benestanti. L’invidia irlandese è stato sempre un tema caro a Bono, e all’inizio dell’attuale tour Larry Mullen ha parlato apertamente di come l’Irlanda ora sembri credere che sia un crimine essere ricchi.
Gli U2 erano inoltre connessi alle classi produttive in questo paese e sono noti per socializzare con persone come Johnny Ronan e fare affari con Paddy McKillen. McKillen è, ovviamente, coinvolto nel Clarence Hotel con Bono e The Edge, ed è un membro del progetto a Malibu proposto da The Edge. In effetti, nelle note sul libretto di No line on the Horizon, Bono ringrazia personalmente Bernard McNamara, Johnny Ronan, Sean Mulryan e Derek Quinlan, nel contesto di sostenitori della ONE foundation.
Quindi, c’è difficoltà e un sottile sentimento negativo in entrambi i lati della relazione tra U2 e terra natale. Ma gli U2 sono probabilmente abbastanza intelligenti per riconoscere che il primo passo per ricostruire gli U2 come entità creativa e come band più popolare al mondo è rivitalizzare la loro relazione con la loro stessa gente, dare acqua alle loro radici. Ora che hanno tempo, non vi sorprendete se li vedrete molto in giro per l’Irlanda, tornando ai primi principi e ricostruendo quella relazione primaria. Si sono sempre interessati, forse più di quanto dovrebbero, a cosa la gente qui pensa e dice di loro, e vorranno sistemare le cose.
Non sarebbe una sorpresa nemmeno se le relazioni all’interno degli U2 avessero bisogno di una sistemata a questo punto. Larry Mullen, nonostante sia in molti aspetti il più vicino a Bono della band, è stato piuttosto esplicito nella sua critica alle attività extra-curricolari di Bono, e l’idea che un musical a Broadway, tra tutte le cose, potrebbe essere stato l’ultimo hobby per portare l’attenzione di Bono e The Edge lontano dalla band che Larry ha formato, non può farlo felice. In effetti, mentre Bono ammette che Spider-Man ha impedito il lavoro al nuovo album, aggiunge, con una risata: “Ma non lo diciamo a Larry o Adam”.
La questione allora è se gli U2 possano rimanere rilevanti per la prossima fase della loro carriera, e navigare per territori inesplorati dirigentosi verso i 60 come una rock band in evoluzione, o se ora diventeranno ben pagate star da cabaret. La risposta, ironicamente, potrebbe essere in quell’epoca d’oro che la band ultimamente ha rispolverato. The Joshua Tree e Rattle and Hum effettivamente rappresentavano, come BB King evidenziò all’epoca, giovani uomini che suonavano musica che sembrava scritta da uomini molto più vecchi. Il filone country-rock/blues/gospel che la band ha sfruttato con così successo all’epoca. potrebbe essere la strada per loro 25 anni dopo. Meglio che cercare di fare album di musica dance quando hai 50 anni.
Certamente, in molti modi, non dover produrre nuovi album ma essere in grado di suonare tour giganteschi e vendere enormi quantità di merchandise è il modello di business nella industria della musica oggi. La musica dal vivo è dove si trovano i soldi ora e sempre meno persone sono ancora disposte a pagare per musica registrata. Ma si torna all’ego, chiamatelo orgoglio. Gli U2 hanno bisogno realizzare nuova musica, hanno bisogno di essere rilevanti. Perché forse quando smettono di farlo, sanno che inizieranno ufficialmente a diventare vecchi.
E se gli U2 diventano vecchi, in un certo modo, lo diventiamo tutti.

Ringraziamo il placer Hewson per la segnalazione dell’articolo

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