In questi giorni il sito @u2 ha realizzato e pubblicato un’interessante intervista a Catherine Owens, storica collaboratrice della band e regista di U23D. L’intervista inizia con qualche domanda su Achtung Baby e lo ZooTV tour per poi spaziare sul rapporto di collaborazione che la Owens ha avuto con la band negli anni fino ad arrivare al 360 tour.
Vi proponiamo la nostra traduzione integrale che è completamente ad opera dello Staff di U2place.com. E’ vietata la riproduzione anche solo parziale senza autorizzazione.
Prima Parte – Achtung Baby e ZooTV
Hai incontrato la band a metà degli anni ‘70, quando la scena musicale ed artistica era fiorente a Dublino. Come ti ha aiutato tutto questo a prepararti per il lavoro che hai fatto con loro durante lo Zoo TV Tour dopo l’uscita di Achtung Baby?
È stato molto divertente. Quando ho lasciato il college, la band mi ha commissionato un murales per lo spazio dove stavano provando. Mi hanno chiesto di dipingere tre murales su tela durante le registrazioni di The Unforgettable Fire. Gli U2 una sala prove molto grande. Cosi questa è stata la prima cosa che ho fatto per loro. Volevano alcuni quadri politici da mettere all’interno di questo ambiente. C’era un ritratto di Winnie Mandela. Andava avanti e indietro per portare a suo marito (Nelson Mandela) in carcere tutto quello che poteva servirgli cercando di ottenere che i suoi figli potessero vederlo. Era una figura ‘diversa’, molto particolare in quel momento . Poi c’erano alcuni insoliti ritratti di Margaret Thatcher, del colonnello Gheddafi e di Ronald Reagan. Chi sa da dove provenivano? Tutti avevano le stesse cuffie di un walkman Sony. Era qualcosa di assolutamente bizzarro. Erano tre leader che sono stati, come dire, semi-dittatori. È interessante vedere per quanto tempo queste figure abbiano dominato la scena. Erano gli “early days” dell’impegno politico degli U2.
Anni dopo la band ha iniziato la preparazione dello ZooTV tour, ed in quell’occasione affermarono che gli sarebbe piaciuto personalizzare le Trabant e pensarono: “Bene, conosciamo un’artista, chiediamo a lei”. Mi ero appena trasferita a New York e ben inserita nel mondo dell’arte, e tutto questo includeva la conoscenza di artisti sperimentali e di quello che stavano facendo. E con la band parlavamo di quello che stava succedendo lì. “Chi sta facendo cose interessanti che potremmo portare nel nostro show…qualcosa di attinente allo spettacolo a cui potremmo dar voce?
C’era un artista fantastico, David Wojnarowicz, che nel frattempo è purtroppo morto di AIDS. A quel tempo era molto impegnato a lavorare su questo problema. Tutto questo succedeva proprio quando avevamo appena iniziato a discutere del tour. Lo Zoo TV si svolse nel 1992, così noi abbiamo iniziato a parlare nel 1990 e 1991 su come sarebbe stato il tour e su come l’epidemia di AIDS fosse esplosa nella metà degli anni ’80, quindi questo era veramente un tema che la band voleva includere nel tour.
E in quel momento si stavano occupando anche della fame nel mondo e della causa di Amnesty International, così il tour racchiudeva questi temi all’interno dei personaggi dalla molteplice personalità che Bono stava costruendo. E la scelta di andare verso un uso massiccio della multimedialità non era mai stata presa prima di allora (gli U2 amavano usare l’espressione ‘never-been-done before’). Quindi hanno cercato inserire ogni cosa fosse possibile in questo ambito multimediale. Non importava di cosa si trattasse. Credo proprio che improntare quel tour su questo tipo di multimedialità sia stata una scelta perfetta.
Brian Eno era molto impegnato al momento e ha creato alcuni contenuti. Anche io ero lì. Mark Pellington stava facendo queste belle cose per MTV, chiamate “Buzz Clip”. Sono andata ad incontrarlo e anche lui entrò a far parte del ‘gioco’. Poi David Wojnarowicz fornì le immagini del bufalo, le immagini che usiamo ancora oggi.
Quali sono state le Trabant che hai dipinto?
Avevamo una macchina coi disegni di Keith Haring, che abbiamo chiamato la Radiant Baby Car. Abbiamo avuto la macchina Femminile, chiamata “Dea”. Abbiamo avuto la “ Smell The Flowers While You Can Car” (David Wojnarowicz car). Era una macchina viola e quando ti inclinavi, potevi vedere i fiori viola. Avevamo una Text Car, una Graffiti Car e una True Believer Car, che era una macchina gialla con ogni sorta di icona legata ad immagini di divinità femminili, come disegni africani ed un’infinità di simboli. La Lucky Charm Car è rosa con un alone di fascino su di essa.
Quello che compare sulla Text Car è casuale – è stata una to-do list, in fondo. Era ciò che doveva essere fatto quel giorno. Rappresentava un po’ l’idea che sei in viaggio e stai pensando a tutte queste cose e a quello che sta succedendo dentro la tua testa. Ho chiesto ad alcune persone che stavano li intorno, “Cosa fai oggi?”. E tutto quello che hanno detto, l’ho messo sull’auto. Erano cose come, “Telefono così e così, prendo questo o prendo quello” e poi ho riunito tutte insieme le cose a caso.
Penso di aver creato in tutto forse otto di quelle macchine. E poi, quando il tour è andato avanti, nei due anni successivi, un paio di auto danneggiate sono state sostituite. Ma credo che furono solo rifatti i colori. Non penso fosse mai stato rifatto l’artwork.
Descrivi il tuo ruolo durante lo ZooTv tour
Il mio ruolo durante Zoo TV non era stato ancora ben definito al tempo. In realtà si è meglio delineato nel corso degli anni che seguirono con il PopMart, con l’Elevation tour e con All That You Can’t Leave Behind.
A quel punto, era quasi come essere un artist-in-residence. “Che cosa potrebbe fare? OK, Facciamolo fare a Catherine”. Anche Brian Eno aveva un ruolo in quello show. E abbiamo commissionato a Mark (Pellington) di scrivere i testi da mandare sugli schermi.
Il mio ruolo era soprattutto quello di modellare il concept video in modo che seguisse il concept audio. Ad esempio normalmente ascolto l’album nella sua versione definitiva molto presto e vengo aggiornata ed informata su quello che poi dovrà svilupparsi attorno ad esso. La band invece si concentra su un tema. Penso che per lo Zoo TV questo sia stato per lo più lo sviluppo di molteplici personaggi. Nel PopMart era invece l’idea di lavorare con la superficie, specialmente la natura transitoria delle cose, più grande della realtà. Quindi visto che questo era il concept il mio compito era quello di tradurlo in immagini ed effetti visivi in modo da esprimere al meglio quelle idee. Così nel PopMart, per “Mysterious Ways”, avevamo realizzato un filmato molto simile a quello di un performer inglese, uno dei più importanti modelli di vita per la pittrice Lucy Floyd, e un uomo di nome Barry Lee, un transessuale che ha creato questo video straordinario in cui era vestito con una sfavillante e scintillante maschera di Mylar e vestiti frangiati. Quindi quello era davvero un pezzo di alto livello. All’epoca in Inghilterra girava un sacco di ecstasy, ed era molto di moda andare in discoteca. E tutto questo si sposava benissimo con la Mirror Ball e le Trabant. Volevamo creare questo tipo di ‘discorsi’ sul palco per supportare quello che la band stava facendo musicalmente.
Erano il tipo di argomenti e di discussioni che a Dublino si sviluppavano in veri e proprio ‘serbatoi di pensiero’. La gente dice “Questo è quello che stiamo pensando di fare.” Allora l’addetto al guardaroba si fa avanti e dice “Questo è quello che io sto pensando di fare.” E io alla fine dico “Forse posso mettere insieme un paio di quei pensieri e di quelle idee”. E’ stata una grande collaborazione tesa a creare una vera e propria opera d’arte, con tutti i diversi personaggi e tutte le persone che hanno dato il loro contributo. E’ stato veramente un unico gruppo di pensiero creativo e democratico.
Sei felice che le Trabant siano diventate un’icona?
Sai, è stato un momento divertente. È stato un divertimento, un concetto folle. Di tutti questi concetti folli, è così importante che la gente capisca che la creatività reale e la vera gioia vengono fuori dall’essere cosi ‘pazzi’. Non sarebbe successo niente di tutto questo se avessimo solo pianificato le cose a tavolino. È qualcosa che viene fuori delle idee folli delle persone, come ad esempio la prima Trabant su cui Anton (Cornbijn) ha lavorato a Berlino, “Dai, mettiamo la band in una macchina e dipingiamo un personaggio sulla macchina che possono portare in giro a Berlino in questo veicolo da 20 miglia all’ora. E poi il veicolo si trasforma in un’altra cosa, e poi ancora in un’altra. La band ha veramente grandi idee e grandi concept in mente.
Cosi molta gente pensava “non funzionerà mai, non l’ha mai fatto nessuno”. Quando 10 o più persone dicono no, non si può fare, questo è il semaforo verde che li convince a procedere. Loro sono spettacolari in questo. Non riesco a dirvi quanto straordinarie fossero alcune idee che si sono poi realizzate.
La prima volta che hai sentito Achtung Baby, cosa hai pensato a riguardo?
Una delle cose che faccio quando ascolto un album, è scrivere tutte le parole che mi vengono in mente. Quando ho sentito quel disco, era tutto sensualità, ses, corpo, davvero una sorta di Sud America ed era un album che aveva veramente molto a che fare con la sessualità e sensualità. Ho realizzato che ero al cospetto di quattro uomini favolosi e fighissimi, e ho sentito che era tutto lì dentro.
È divertente in un certo senso. Ho un rapporto diverso con ognuno di loro. Vedo questi segmenti distinti della loro vita, quando esce un album. Sono sempre entusiasta di come solo gli album rispecchiano chi sono veramente in quel momento.
Seconda Parte – Dai primi anni fino ad U23D ed al 360 Tour
Cosa pensi di U23D? Potremo vederlo anche a casa nostra?
La tecnologia 3D è stratordinaria e mi tengo sempre aggiornata in merito, cosa che abbiamo sempre fatto con gli U2. Abbiamo lavorato con delle tecnologie molto giovani per U23D anche se per l’epoca erano davvero all’avanguardia. Adesso però è tutto molto più semplice ed efficace dal punto di vista economico. Abbiamo fatto cose che adesso non potremmo fare perché la tecnologia ha fatto grandi passi in avanti in modo quasi automatico. In sostanza è come se avessimo realizzato un prezioso gioiello fatto a mano e di alta moda. Non è possibile fare lo stesso adesso perché non ci sono più il tempo ed i soldi e nessuno sarebbe così pazzo da volerlo fare. Ci sono alcune cose che siamo riusciti a realizzare in quel film che non si possono ripetere adesso e probabilmente è proprio il motivo per cui molte persone ripensando e riguardando il film dicono “Accidenti, è davvero stupendo”. E’ come se fosse stato veramente cucito a mano fotogramma per fotogramma.
Hai lavorato con la band per i loro tours fin dallo ZooTv. Cosa ne pensi del 360 Tour?
Un’idea per il 360 tour è venuta fuori parlando con Bono dei suoi “discorsi” durante lo show. Gli ho detto: “Penso che sarebbe una buona idea lasciar trasmettere il tuo messaggio principale a qualcun altro in questo tour”. Lui ha risposto: “Cosa vuoi dire? Wow, posso smetterla di parlare? Dimmi cosa dovrei fare”. Allora ho detto che forse avremmo dovuto invitare qualcuno a parlare attraverso gli schermi. Tutto si sarebbe concentrato sullo schermo video. E’ come una specie di faro. Penso che l’unica persona ancora vivente totalmente coerente con se stessa e con quello che dice e che mette veramente in pratica quello di cui parla sia Desmond Tutu. E’ l’ultima persona vera e sincera rimasta e temo che non ci sarà mai più un altro come lui. Credo che che dovremmo coinvolgerlo nello show. Bono allora ha detto: “Ok, dobbiamo coinvolgere Desmond per i concerti”. Ok ho detto io, ma chi bisogna chiamare? “Conosco la persona giusta” ha concluso Bono. E da lì a breve ci siamo ritrovati a Londra per registrare il discorso di Desmond Tutu. Lui è stato meraviglioso, davvero splendido.
In pratica può capitare che tu dica qualcosa e che in un nanosecondo questa diventi realtà e che sia già lì davanti a te. Questo è alla base di quello che sono gli U2. Non ci sono compromessi e non si accetta un ‘no’ come risposta. Non importa quanto alta sia l’asticella. Un altro esempio è Maya Angelou (poetessa statunitense, ndt) che ci ha gentilmente permesso di usare una sua opera per una parte del video realizzato per “Your Blue Room” che abbiamo chiamato “Space Junk”. E non scherzo quando vi dico che Bono ed io abbiamo parlato di questa idea un lunedì, mercoledì abbiamo fatto una prova e doveva essere approvato entro venerdì per un concerto a Boston. Ed è stato fatto tutto entro questi tempi. C’è veramente tanta buona volontà nei loro confronti. Alzi la cornetta, fai una telefonata e riesci a fare quello che avevi in mente.
Mi sono allontanata dal tour all’inizio dell’ultima leg (primi mesi del 2011). Sono veramente appassionata ed innamorata del 3D e sto lavorando su alcune cose fantastiche in questo campo. Lavorare con gli U2 è devozione. Ti prende un sacco di energia. Avevo bisogno di dedicarmi ad altro.
Bono pensa che questo tipo di cose non sono sempre così buone, quando la gente dice “Voglio cambiare, adesso voglio andare qui e fare quest’altra cosa”. La vede come la fine di una conversazione e di un discorso portato avanti fino a quel momento, e sono d’accordo con lui. Ma è anche vero che le cose cambiano.
Fino al 360 tour la band si era sempre dedicata e riversata in tutti gli elementi e le cose che riguardavano il tour, come fanno con tutto il resto. Il 360 è diventato un animale molto diverso. E’ diventato qualcosa di così grande ed imponente. Ci sono stati molti cambiamenti nello staff che hanno impedito che si creasse quella sorta di intimità che c’era stata fino a quel momento. Ma i tempi cambiano, le cose cambiano e la gente va avanti. Abbiamo fatto una gran bella cavalcata riuscendo ad essere straordinariamente creativi.
Come pensi di aver dato il tuo contributo alla band in tutti questi anni?
Il primo rapporto che ho avuto con gli U2 è la mia amicizia con Adam che risale a quando eravamo diciottenni e resiste anche adesso. E’ una persona che sono quasi sicura che conoscerò sempre. Abbiamo sempre parlato molto di arte. E’ un grande appassionato di arte ed ha una belissima collezione. Abbiamo passato ore a discutere dell’arte e di idee e concetti artistici e del significato delle cose, di vari lavori di alcuni artisti. Adam è veramente affascinante.
All’interno della struttura e della composizione dei tour degli U2 invece c’è una relazione ed un discorso di tipo concettuale. Ho un gran bel rapporto con Bono che dura da molti anni. Mi sento in grado di dare uno spessore ed un livello al suo pensiero che mi consente di fare quello che mi riesce meglio che è essere una pensatrice concettuale. Questo ci permette di avere un dialogo comune che arricchisce ognuno di noi. E’ una delle menti più straordinaria che abbia mai incontrato. Si fida della mia visione quindi so che quando arrivo da lui e gli dico “Ho un’idea” lui risponde “Ok, quale sarebbe?” e quando lui dice qualcosa come “Catherine, sto pensando a te perché…” inizio a saltare su e giù perché so già che ha in mente qualcosa di sorprendente.
Penso che il mio apporto è che sono stata una buona struttura di supporto per della musica e dei concetti e delle idee straordinarie. E non sono affatto sicura che questo particolare discorso portebbe essere ripetuto e replicato perché ha molto a che fare col fatto di conoscere bene le persone in gioco. Io conosco il suo modo di pensare quindi so che quando comincia ad entrare in quello stato in cui pensa “No…non funzionerà mai” allora è sicuro che funzionerà. Mentre invece qualcun altro potrebbe pensare che se Bono pensa che non possa funzionare allora non funzionerà davvero.
Qual è il tuo album preferito degli U2?
Il mio album prefetito è Pop. Mi ricordo di quando ho sentito ‘Please’, è stato fantastico. Adoro anche ‘If You Wear That Velvet Dress’. E’ una canzone stupenda per me perchè è un pò esoterica. Hanno messo tutto il loro coraggio in quell’album. E’ la perfetta combinazione di quello che gli U2 erano e sono. E’ un peccato che quello show (il PopMart) abbia debuttato senza la necessaria preparazione. E’ stato un azzardo piuttosto ambizioso. Non credo che la critica abbia capito veramente quello che aveva per le mani. Erano molto avanti rispetto a quel periodo. Molte persone che hanno lavorato con gli U2 dicono che quello sia stato il loro miglior spettacolo.
Hai diretto anche il video di “Original Of The Species”. Come è andata?
Erano un pò dubbiosi sul finale. Ma gli ho detto “Non preoccupatevi, ai vostri fans piacerà”. Tre di loro erano già padri e sono tutti magnifici. E’ un video davvero speciale per tutti noi. E’ stato il nostro primo tentativo di ‘motion capture’. Le loro canzoni sono divine e lo sono anche loro quattro. Questo non è cambiato affatto in tutti gli anni in cui ho lavorato con loro. Penso che quella canzone riesca a catturare e ad esprimere questo concetto. Anche U23D racchiude la loro ‘divinità’. Ogni tanto desideri semplicemente che questo filtri attraverso le cose senza doverlo mostrare con tanta evidenza ed in modo troppo diretto.
Hai suonato in una band di sole ragazze, le ‘Boy Scoutz’, nello stesso periodo gli U2 stavano emergendo a Dublino. Come hai vissuto questa situazione?
Era un periodo perfetto per incontrare altri bassisti. Non c’erano molte ragazze che giravano per concerti in quegli anni. C’erano i Boomtown Rats che erano già famosi e gli U2 stavano venendo fuori ed alcune altre ottime band irlandesi. Credo che alcune di noi (ragazze) abbiamo semplicemente pensato “Beh, vogliamo partecipare anche noi. Non vogliamo solo uscire. Vogliamo far parte di tutto questo”. Così ci siamo comprate una chitarra ed un basso e poi abbiamo trovato una batterista ed abbiamo iniziato a provare.
Esistono delle vostre registrazioni?
La RTE (Raidió Teilifís Éireann, la radio-televisione pubblica irlandese, ndt), ha trasmesso un programma sulla band quattro anni fa, ci hanno intervistate tutte, ma non c’è nessuna registrazione. In quel periodo prendevi gli strumenti, andavi e suonavi. Il nostro manager era Steve Averill. Lui suonava coi ‘The Radiators from Space’. In seguito ha disegnato molte copertine di album degli U2. E’ stato lui a darci il nostro nome e si parlava anche di un contratto per un disco. Era tutto un po’ pazzesco ed incerto e poi io sono stata ammessa ad una scuola di belle arti che si trovava dall’altra parte del Paese. Così sono stata rimpiazzata. E’ successo lo stesso con molte altre band.
E’ strano a dirsi ma eravamo una girl-band, le band americane che adoravamo e cercavamo di emulare erano le ‘The Runaways’ e poi Joan Jett, Patti Smith e ovviamente Blondie. Loro erano i modelli di pop-rockstars femminili che ci arrivavano dall’America.
Quali sono i tuoi attuali progetti?
Sono proprio fortunata. Tutto questo deriva dal lavoro fatto con gli U2. Sono stata allenata e preparata da loro quattro e pensare in un certo modo, e questo mi ha permesso di capire e comprensdere lo spazio, la struttura ed il pubblico, la percezione, la dimensione, le luci e la teatralità. Ho preso tutto quanto e l’ho applicato al 3D a cui si adatta perfettamente. Tutto il mondo del 3D riguarda queste cose, la dimensione, le performance, il fatto di ‘arrivare’ al pubblico, la profondità, le transizioni. In uno show degli U2 non c’è solo una band che suona. Si tratta anche di gestire il passaggio del pubblico dalla performance sul palco all’effetto ed al design delle luci fino ai video ed alla struttura. Loro sanno come portare il pubblico in un viaggio di due ore attraverso tutte queste cose. Il 3D è molto simile a questo. E’ uno stupendo mezzo di comunicazione. E’ proprio come lavorare un uno spazio teatrale ed i risultati sono davvero stupefacenti.
Ho un progetto di collaborazione per un film in corso di sviluppo con la Irish Film Board (Agenzia Nazionale Cinematografica Irlandese, ndt) per un adattamento di una storia di Oscar Wilde dal nome “The Selfish Giant” (Il Gigante Egoista, ndt). Siamo solo alla sceneggiatura al momento. Abbiamo girato in 3D l’anno scorso (2010) per un evento conosciuto come Kumbh Mela, che è la più grande riunione spirituale del mondo. 50 milioni di persone che si ritrovano insieme ogni 12 anni. Questo video sta lentamente avanzando verso la sua pubblicazione. Stiamo raccogliendo dei fondi aggiuntivi per inserire una parte animata. Ci sono poi altri progetti interessanti che arrivano sulla mia scrivania.
Molto di tutto questo è dovuto a quanto è rimasto forte ed importante U2-3D nel mercato. Adesso viene chiamato ‘3D iconico d’epoca’. Ed io penso: “Wow, è iconico!”
Pensi di lavorare ancora con gli U2 in futuro?
Ho parlato con Bono in Irlanda recentemente, abbiamo discusso sul fare delle ‘sedute’ di cappuccino alla mattina. Sarà la nostra prossima collaborazione creativa, prenderci un cappuccino quando siamo nella stessa città. Faremo quattro chiacchiere, come si suol dire. Parleremo di quante cose fantastiche e quante meravigliose avventure ed idee saremo in grado far saltar fuori riguardo ad un cappuccino. Penso che sia la dimensione giusta adesso, il perfetto antidoto dopo questo tour. Una collaborazione basata sui tovaglioli.
Penso ci siano altre strade e percorsi creativi da esplorare nei prossimi anni che non riguardano necessariamente i tour. Ci sono altri tipi e generi di cose interattive di cui la band discuterà sicuramente. Sento che dopo il 360 ci sarà più interesse in discussioni e temi legati a delle idee con una precisa direzione tematica e nello scavare al loro interno per trovare qualcosa da prendere e portare avanti. Credo che sarà come stringersi di nuovo intorno ad un falò.
Alla fine loro sono la somma di parti uguali. Non importa se molti pensano che non sia così perché non lo sarà mai. E così questo processo ha bisogno di essere alimentato e nutrito. Questo è evidente adesso quando loro quattro suonano e fanno musica insieme. Tutti i fantastici campanelli, le luci, il palco, il contenuto…tutte queste cose in questo momento hanno un’importanza minore. Quando avranno qualcosa di forte e potente allora torneranno là fuori a suonare e sarà grandioso.
Fonte: atu2.com