Intervista a Willie Williams, stage designer degli U2 (traduzione da AtU2)

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Il sito americano AtU2 ha intervistato Willie Williams, ecco la traduzione intera dal loro articolo orginale, contiene molti spunti e aneddoti interessanti! Fonte: https://www.atu2.com/news/the-u2-interview-willie-williams-talks-about-the-joshua-tree-tour-2017.html

La chiacchierata è stata fatta via email ed è iniziata prima delle date di Chicago e si è conclusa con WW in viaggio verso Bonnaroo.

“La programmazione è una delle poche cose di cui non mi occupo, quindi non so proprio perché abbiamo avuto questa settimana di vacanza così presto. Può darsi che qualcuno abbia avuto un impegno familiare, o forse l’idea che le prove sono così stancanti voleva dire che avremmo probabilmente avuto bisogno di un momento di riflessione. Però è stata ben accetta, e lo stato d’animo era molto positivo al Soldier Field ieri sera [durante le prove].

Willie Williams ha poi saltato lo show a Pittsburgh per avere più tempo a disposizione per il concerto degli U2 al Bonnaroo Festival: “Sono sicuro che sarà una vera mischia! Ma una parte di me lo sta aspettando”

Per iniziare, i fan in rete mi ucciderebbero in modo lento e doloroso se non chiedessi cosa è successo a “A Sort Of Homecoming”. Perchè è stata accantonata negli ultimi 3 show?

Come nello stile U2, stiamo ancora aggiustando il set. E’ giusto dire che questo show si è aggiustato incredibilmente presto; questa diffusa reazione positiva è stata un po’ travolgente, a dire il vero. Di conseguenza, abbiamo fatto modifiche da una posizione di forza piuttosto che di disperazione, il che rende tutto più facile. Il dibattito interno sulla prima parte è stato sul fatto se mantenerlo breve e carico di energia potesse garantire alla sezione The Joshua Tree una migliore spinta o se avere più spazio all’inizio dello show potesse dare alla serata una struttura più soddisfacente. Come è stato notato, abbiamo giocato con questo aspetto, ma, ed è piuttosto scomodo, ogni sera abbiamo un diverso gruppo di persone allo show, le condizioni climatiche cambiano, e così non ci mettiamo mai a fare confronti.

Capisco che la domanda che davvero vuoi farmi è:

La rivedremo ancora? (La risposta corretta in questo caso è “Sì”)

WW: Sì, L’ho già detto.

Ci hai detto che per i vecchi tour, partivate a discutere delle varie idee con la band uno o due anni prima, a volte anche di più. Da quello che la band ha già detto, questo tour è stato pensato a fine dell’anno scorso e così non avete avuto molto tempo per la preparazione. Come ha influito questo sul processo creativo?

WW: Quando ci è venuta l’idea (attorno ad agosto 2016) era unita al mito che, per via della natura dello show, l’allestimento sarebbe potuto essere molto semplice, che significava che sarebbe stato realizzabile in tempi contenuti. Naturalmente, io non ho creduto alla nozione “semplice” neanche per un minuto, ma mi ha aiutato a vedere che una gran parte del tempo nella preparazione di un tour viene spesa cercando l’idea di fondo. Di che cosa tratta lo spettacolo? Quale dovrebbe essere il canovaccio? Come renderà la nuova musica insieme con la vecchia?

Con questo Joshua Tree tour, abbiamo cominciato con l’idea e quindi conoscevamo già almeno metà della scaletta. Sapevamo anche che sarebbe stato suonato negli stadi con il palco ad un’estremità, quindi avevamo almeno avuto un punto di partenza da cui partire- ossia il palco del 1987. In realtà per me è stata una specie di enorme carta “Uscite gratis di prigione”, perchè mi ha tolto il peso di come superare il palco U2360 e come si poteva tornare ad un’estremità dello stadio senza che questo sembrasse un passo indietro.

Era anche ovvio dal primo giorno che Anton avrebbe realizzato i filmati per la parte dello show Joshua Tree – è la sua estetica e lui ha trovato quel benedetto albero dopotutto. Questi due aspetti hanno accelerato enormemente il processo. Poi, naturalmente, sapevamo che dovevamo tutti lavorare duro e portare a termine il lavoro. Non vi mentirò, sono stati sei mesi a tutta birra, ma non mi è mai sembrato stessimo sacrificando i nostri storici processi creativi.

Parlando dei filmati di Anton, com’è successo? Voglio dire, tu e la band gli avete semplicemente mandato le istruzioni per realizzare un gruppo di filmati o c’erano delle specifiche richieste per ognuna delle canzoni – vogliamo Morleigh che fa girare il lazo per “Trip through your wires”, vogliamo Zabriskie point per “With or without you?”

WW: Ho avuto parecchi incontri con Anton in anticipo per analizzare le caratteristiche dello show. Volevamo veramente dargli carta bianca, ma ovviamente allo stesso tempo dovevamo essere sicuri che puntasse nella giusta direzione. L’atteggiamento e lo stato d’animo sono del tutto suoi; il ritmo dei filmati è quello che ha dato al resto di noi la fiducia di lasciare che l’intero show avesse tanto respiro quanto effettivamente ne ha.

Puoi risolverci un dubbio per favore? Metà di noi pensa che sia Morleigh che dipinge il fienile durante “Trip” mentre l’altra metà pensa che sia qualcun’altra che le somiglia.

WW: Sono due persone diverse. Ogni somiglianza è assolutamente casuale.

Quando hai iniziato a pianificare lo spettacolo, qual è stata la missione più complicata? Qual è stata la cosa per la quale hai detto “Togliete tutto allo show, ma non questo”?

WW: Ho iniziato lo stesso giorno in cui ho sentito l’idea e, come detto prima, lo scheletro dello show si è formato quasi nella prima chiacchierata. Abbiamo guardato il palco del 1987 e anche sognato per un minuto che sarebbe stato interessante suonare con un palco simile a un proscenio, come nei festival. E’ così completamente fuori moda che forse gli U2 nel 21° secolo potrebbero essere in grado di farci qualcosa di interessante. Quando è arrivato il momento però, le visuali non erano ottimali, a meno che non si rinunci a vedere anche il batterista. Così abbiamo preso lo spirito di quel palco e siamo partiti da lì. Penso che tu possa rivedere il palco del 1987 in quello che stiamo facendo adesso.

Ovviamente l’obiettivo era quello di presentare The Joshua Tree nella sua interezza. Non c’è mai stata alcuna discussione interna sulla possibilità di dividere l’album in spezzoni. Tuttavia, era altrettanto chiaro che questo non sarebbe stato un concerto basato sulla nostaglia – nessuna foto da bambini o filmati di casa. Inoltre volevamo sicuramente includere almeno una nuova canzone. Abbiamo riflettuto a lungo sul fatto che stavamo per presentare un album di 30 anni fa cercando di farlo sentire attuale, ma questo era l’obiettivo non dichiarato e, stranamente, sembra che ci siamo riusciti.

Parliamo dello spettacolo. Parlami del carattere simbolico nel far partire la band su un palco più piccolo senza video.

WW: Come sempre, avere un’idea della setlist è fondamentale per me per sapere cos’è lo show. All’inizio ho presentato circa otto varianti di come uno show come questo poteva essere – inizio con TJT, chiusura con TJT, messo a metà, renderlo cronologico, renderlo tematico, etc etc. E tutti hano scelto la versione che stiamo utilizzando. Abbiamo percepito di aver davvero scavato in Boy e October nell’ultimo tour, così precedendo l’evento principale con canzoni da War e The Unforgettable fire ci sembrava più fresco. Abbiamo anche apprezzato l’idea che gli U2 avrebbero aperto per gli U2 – iniziare essendo gli U2 che erano abituati a suonare a metà di un festival senza nessun tipo di produzione per poi accendere il grande schermo e presentare la “messa solenne del Joshua Tree” come l’ha definita Gavin.

Che grande descrizione. Gli ultimi tour hanno avuto schermi incredibilmente grandi e innovativi, ma con questo schermo questa volta sembra che tu ci voglia far vedere un film invece della band. Non li vediamo nemmeno fino a “Bullet the blue sky”. C’è il rischio di mettere in ombra la band – che loro siano in secondo piano rispetto a questi bellissimi filmati e questo splendido schermo?

WW: Chiaramente abbiamo deciso che questo non doveva essere uno show basato sulla personalità come abbiamo fatto in passato. Lo chiamavo “Punk Floyd”. Sembrava come un’occasione unica per abbandonare alcune delle “regole” che abbiamo sviluppato a proposito di come i concerti degli U2 funzionano  e in questo senso l’ho trovato molto rinfrescante. Considerate le relative dimensioni, ovviamente le immagini oscurano la band per delle parti dello show ma onestamente non penso che possano oscurare la musica. La musica è sempre più forte delle immagini.

Quando sentiamo che si sta verificando uno squilibrio, provvediamo a risolvere il problema. Un buon esempio è “Running to stand still”. Anton aveva preparato un filmato per questa canzone che era un ritratto video della band ai giorni nostri. Era estremamente bello – una parte molto coraggiosa e “nuda” – ma quando l’abbiamo provato durante le prove, il filmato era così impegnativo che diventava difficile “ascoltare” la musica. “Running” è ora il punto dello show dove davvero incontriamo la band per la prima volta e penso sia assolutamente appropriato.

Come diavolo hai fatto a trovare quel video assolutamente perfetto prima di “Exit”? C’erano alcuni articoli che ne parlavano duante le elezioni, ma non non mi ricordo fosse noto che alcuni show televisivi degli anni ‘50 avessero un tizio di nome Trump che cercava di salvare la gente costruendo un muro.

WW: L’ha trovato Bono. Penso che stesse girando durante le elezioni ma c’erano poche visualizzazioni su Youtube. E’ completamente autentico – l’abbiamo ovviamente editato, ma niente è stato doppiato o alterato. Adoro il fatto che dica tutto e nulla. Ci ha davvero tolto dai guai, perchè sarebbe stato ridicolo fare questo show senza menzionare l’attuale presidente ma non volevamo nemmeno calcare troppo la mano.

Permettimi di andare un po’ sul tecnico. Abbiamo visto quanto incredibile appaia lo schermo quando è acceso, ma quando è spento sembra in qualche modo come fosse cartone. E’ in 4K o in 8K? C’è altro che dovremmo sapere sullo schermo?

WW: i filmati sono stati girati in 8K e lo schermo funziona per essere circa 7½K; è la dimensione di tre schermi regolari IMAX affiancati. La combinazione della grandezza e della risoluzione sono senza precedenti. Mi ha divertito notare che lo schermo è più o meno della stessa dimensione del PopMart, ma è 400 volte la sua risoluzione. La sensazione 3D è qualcosa che non ho mai visto prima. Anton ci ha fatto ridere – era davvero sbalordito la prima volta e ha detto “non ho mai visto il mio lavoro in questo modo…” al quale abbiamo replicato “nessuno l’ha mai fatto…!”

Lo schermo è fisicamente verniciato in argento e oro. Abbiamo esitato a lungo pensando al valore di farlo, piuttosto che usare un normale schermo nero facendo l’albero in video. Tuttavia era chiaro che solo costruendolo realmente avrebbe prodotto il colpo di mano che abbiamo. Questo grande cartellone di compensato che si sveglia e diventa il mostro da Marte tipico dei film da drive-in.

E quali altre nuove tecnologie e trucchi state utilizzando? Sono curioso, per esempio, perchè non vedo nessuna impalcatura per le luci – o in qualunque modo si chiami – sollevata sopra il palco e lo schemo come nei tour passati.

WW: Quanto sei attento. Non ho parlato molto della tecnologia di questo tour perchè la maggior parte delle vere e proprie scoperte sono invisibili anzichè appariscenti. Tuttavia, vedendo come lo hai notato…

Ci sono stati molti commenti su come “pura” e “completa” sia l’estetica. Questo ha molto a che fare con il fatto che tutti gli altoparlanti, le luci e il resto della roba sono issati sopra lo schermo da dietro e sono appesi più in alto dello stesso. Il risultato è che non ci sono le tipiche impalcature per l’audio e le luci di fronte allo schermo, dando una visione completamente libera dell’immmagine per gran parte del pubblico. In confronto, esamina in rete il palco “Desert Trip”. Si tratta di uno schermo di proporzioni simili ma l’immagine è bloccata da una gigantesca “pensilina per i bus” che rovina il risultato.

L’assenza di “impalcature per le luci” è dovuta al nostro utilizzo di un nuovo tipo di faretto che aiuta lo sviluppo PRG (che fornisce l’illuminazione). Fin dagli anni ‘80 ci sono stati tentativi di sviluppare un riflettore che potesse essere controllato da terra, negando la necessità di sollevare in aria grossi uomini con la maglietta gialla. Alcuni di questi hanno coinvolto controlli joystick o dispositivi di monitoraggio collegati ai perfomers, spesso causando momenti di grande comicità.

Il controllo a terra ha una luce riflettente sul terreno che comunica con la luce in alto. C’è una camera nella luce e uno schermo sull’unità di controllo in modo che l’operatore veda il PoV della luce come se fosse lassù in alto. L’operatore utilizza qualcosa che sente come familiare e lavora nello stesso modo di un normale faretto, quindi risulta facile da imparare. Gli U2 hanno utilizzato le prime due unità nell’I+E tour e, dato il successo, la produzione è iniziata con vigore. Io li adoro perchè significa che puoi avere un controllo umano sui faretti anche dove non puoi posizionare un uomo. Puoi anche avere un numero maggiore di riflettori rispetto agli operatori, ma non entrerò nei dettagli, immagino che tu ti stia già annoiando. Basta dire che le possibilità di progettazione sono enormi.

Nessuna noia, assolutamente! Sono felice di sapere perchè non stai sollevando in aria grossi uomini 20 minuti prima dello spettacolo. Ma permettimi di tornare al concerto. Prima hai detto che non c’è mai stata alcuna discussione circa la possibilità di spezzettare l’album. In alcune precedenti interviste Edge non era sicuro al 100% che l’avrebbero suonato l’intero album in sequenza. Cosa ti ricordi delle discussioni su come maneggiare quelle 11 canzoni?

Non ho davvero mai preso parte a una seria conversazione a proposito di qualcosa di diverso rispetto alla possibilità di presentare l’album in ordine. Francamente, dal mio punto di vista, se avessimo definito il set prima di lasciare Dublino, sarei stato davvero un uomo felice. Penso che il signor Edge vi abbia un po’ ingannato.

Ci sono state discussioni sul fatto che che l’album è sbilanciato con tanti successi nella prima parte?

C’era un po’ di preoccupazione che ci potesse essere un momento di pausa durante il lato B, ma ho sottolineato più volte che queste canzoni non sono state dimenticate dalla maggior parte degli spettatori. Come recitare in Amleto, il pubblico conosce le battute meglio di metà del cast. Ovviamente abbiamo ragionato parecchio su come presentare il lato B del disco – Fedeltà? Ripensato? Full band? Acustico? – ma una volta passato un po’ di tempo a rispolverare le canzoni, le hanno definitivamente riabbracciate.

Tim Neufeld del nostro staff [di @U2] ha fatto quella che penso sia un’osservazione molto intelligente e mi chiedo se tu sia d’accordo. In un normale tour degli U2, voi avete una racconto che volete narrarci e scegliete le canzoni, e il loro ordine, per provare ad adattarsi a quel racconto. Ma in questo tour è l’opposto. Voi avete già i pezzi e l’ordine e la sfida è adattarli nel racconto.

WW: In realtà è sempre una specie di danza tra i due approcci. In qualsiasi tour, circa due terzi del set comprende canzoni che devono essere incluse (un terzo è materiale del nuovo album e un terzo sono canzoni la cui assenza inciterebbe alla rivolta), quindi il racconto deve comprendere entrambi questi aspetti. Il resto è più libero, che è sempre divertente, ma deve ugualmente funzionare nel contesto del concerto nel suo complesso. Questo può essere spesso abbastanza sorprendente e, in ogni caso, non sai mai cos’hai davvero prima di aggiungere un pubblico.

La coerenza di questo spettacolo è la parte che dà più soddisfazione. Questo ed il fatto che The Joshua Tree sembra il loro nuovo album. Forse gran parte del motivo per cui questa intera avventura non suona nostalgica è semplicemente il fatto che è uno show molto migliore di quello del 1987!

Quando abbiamo parlato durante il vecchio tour, hai citato il respiro che potevi sentire la prima volta che Bono è entrato dentro allo schermo per “Cedarwood Road”. Dalla tua attuale posizione in questo tour, puoi sentirlo di nuovo in “Streets” quando lo schermo passa dal rosso e ci mette nel mezzo in un’autostrada deserta? In tutti e tre gli spettacoli che ho visto, le persone intorno a me non se ne sono accorte in quel momento.

WW: Ora che il mio team ha raggiunto il giusto livello, posso lasciare la posizione più spesso e così ho vissuto il passaggio tra “Pride” e “Streets” in mezzo al pubblico sul prato in occasione del secondo concerto di Chicago. Ti confesso che sono stato preso alla sprovvista dalla reazione della folla. L’uno-due dell’impulso luminoso e la discesa sulla strada hanno veramente fatto piangere tanti uomini belli cresciuti. Sembra essere una specie di spettacolo del “pianto” che deve avere a che fare con la qualità in stile kriptonite dell’accoppiata emozione/memoria della musica.

Non lo do mai per scontato, ma mi ha colpito profondamente ancora una volta questo grande, grande privilegio di essere parte di qualcosa che rende così tante persone persone tanto felici.

 Traduzione ad opera di U2place  / Dominus

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