‘It’s more a Way of Life than a Festival’ U2 Live at Glastonbury Festival, un anno dopo!

24 giugno 2011: si tiene durante il Festival di Glastonbury l’unico concerto degli U2 in Europa del 2011, ad un anno di distanza da quella data tutto è più nitido di ciò che ha rappresentato quel concerto, non una semplice esibizione, non un concerto come tutti quelli del 360 Tour, incatenato ad un artiglio ed un cerchio che delimitava la band da un pubblico ma ha rappresentato un punto di svolta della loro carriera, ha fatto capire a quei quattro irlandesi che potevano quelli del ‘North-Side’ di Dublino, giovani ventenni pieni di rabbia con un unico obbiettivo quello di conquistare il mondo con la musica. Guardando anche ‘U2 From The Sky Down’ si nota come la band tenga particolarmente a questa esibizione, un modo per dimostrare a loro stessi a che punto della loro carriera erano, come si sono sempre osservati, non agli occhi dei fans o media, ma attraverso i loro occhi, così duri ma al tempo stesso capaci di cercare la perfezione maniacale di un esibizione perfetta. Quel concerto ha rappresentato una cosa ben più importante, il palco più grande della storia della musica, che sia un artiglio o limone gigante o un video-wall a 360 gradi, potevano dimostrare di essere grandi con la potenza delle loro canzoni ma sopratutto con le emozioni che sono stati capaci di trasmettere quella notte non solo ai presenti ma anche a tutti coloro che ha visto dal vivo o in diretta lo show che sanno ancora fare la cosa più importante che per loro per anni hanno compiuto in maniera tanto semplice tanto disarmante, quello di emozionare in maniera unica i loro fans.
Volevo riprendere il mio personale racconto di quell’esperienza che non si limitiva al solo concerto ma anche al luogo dove si svolge il concerto, Glastonbury, luogo così strano dal nome tanto unico per chi vive quel festival in prima persona, sarà stato anche il luogo a rendere magico quell’evento. E’proprio come diceva The Edge: ‘ It’s more a way of life than a festival’:

24 giugno 2011
Wide Awake in Glastonbury

Il grande giorno è arrivato, l’unica esibizione dell’anno degli U2 in Europa si svolgerà in una location unica, la band irlandese torna ad un festival dopo circa 25 anni,l’ultima volta durante il War Tour nei primi anni 80′ dove la band doveva essere presente anche a Glastonbury ma dopo non se ne fece più nulla. Il meteo dava pioggia per la serata, scenario tipico per un concerto storico. Le impressioni iniziali erano positive, era un occasione per gli U2 di mostrarsi dopo tanto tempo in un palcoscenico nuovo, lontano dal ‘Claw’ palco – prigione della band dove vige la regola di uno show statico e collaudato ma che è diventato il mattatore di record di ogni tempo per quanto riguarda uno show musicale.
Le speranze sono tante quanto le paure che ci accompagnavano verso il Pyramid, gli U2 tornavano in una location storica perchè? una semplice promessa a Micheal Eavis o perchè volevano fronteggiarsi davanti ad un pubblico unico nel suo genere, abituati a grandi artisti? Personalmente speravo che loro osassero, per mesi si è parlato di uno show incentrato sulle canzoni più famose come affermato da Bono, altre che vedevano uno show pop-psichedelico preannuciato da Adam Clayton, un fan invece si aspettava un uscita da uno show cristalizzato come il U2360 Tour e che gli U2 tornassero a stupire, in un luogo adatto come Glastonbury. Lo scenario che appariva davanti ai nostri occhi intorno le ore 13.30 quando stava per cominciare il concerto dei Two Door Cinema Club era straordinario, la location ricordava per alcuni di noi Red Rocks per altri Slane Castle, cominciavamo a fantasticare sui pezzi che avrebbero fatto in serata…’Cominciamo con Streets spero…ma Even Better è la miglior canzone di apertura degli ultimi 15 anni…’. ‘Faranno Bad o Out Of Control’…tutti le idee possibili sorgevano nell’attesa durante il nostro girovagare per l’arena naturale che rappresentava il Pyramid, sopra un cielo che si mostrava minaccioso, tutte i giusti presagi per un concerto veramente storico. Intorno le 16.30 ci posizioniamo per bene per lo show del re del Blues B.B. King nella speranza di un duetto, vediamo un movimento frenetico di tecnici della crew degli U2, ma tutto questo resterà solo un sogno per rivedere ‘When Love comes to Town’. B.B King si presenta con i suoi 80 anni e passa di musica fatta tra i ghetti di Harlem e del resto d’america davanti ad un pubblico di tutte le età, mostrando quanto il blues sia capace di emozionare con un riff di chitarra unico nel suo genere che pochi potranno eguagliare. B.B sta seduto sulla sedia bloccato dall’età, ma dategli una chitarra tra le mani e ne uscirà una musica che non ha età, una forma di arte senza tempo.
Il tempo passa lentamente a Glastonbury tra Biffy Clyro e Morrisey in attesa degli U2, ma finalmente verso le ore 21.15 comincia a muoversi qualcosa. Sicuramente la band è arrivata nella tarda serata e aspetta il suo momento nelle tende dietro il Pyramid, coprendosi dalla tipica pioggia incessante che cade su Glastonbury. Vediamo che accanto allo stage vengono piazzati due piccoli schermi e di fronte lo stage una passerella che si prolunga il più possibile verso il pubblico, ai lati del Pyramid invece vengono posizionati al due maxischermi che si aggiungono ad altri due, una scenografia che possiamo definire ‘essenziale’ per questo show che si rileverà fondamentale.

Out of Control in Glastonbury

Eravamo tra le ‘Glastonbury’s Flags’ nel centro del festival davanti ad uno stage unico per assistere ad un evento unico…era tutto pronto…le 21.50..52…56…57….si aspetta solo che parte la prima nota…e cominciano a risuonare le prime note di Space Oddity con il conto alla rovescia del ‘Duca Bianco’ David Bowie, tutti pronti all ‘Lift-off’, i fans uduici presenti cantano a squarciagola questo pezzo mentre sul lato destro dello stage si scorgono Bono e Larry pronti alla ribalta, tesi e concentrati, sta per finire ‘Space Oddity’ e Larry si incammina nel buio di Glastonbury con la pioggia battente per cominciare ‘Even Better Than The Real Thing’ dietro una scenografia del tutto nuova, le bandiere cominciano a sventolare sull’ingresso di Bono e il pubblico si illumina sul riff di The Edge.
Teschi, farfalle e una donna aprono la seconda traccia di Achtung Baby che si conclude con un urlo di Bono alla folla: ‘Guardate…Tutta la città è sotto la pioggia…Glastonbury…dove volete che vi portiamo…dove volete che vi portiamo stanotte!’ fa esplodere la folla sul ‘Take me higher’ che conclude questo pezzo, preludio della vera sorpresa personale dello show.
‘The Fly’ è tornata live dopo 5 anni, riproposta dalla band nelle ultime settimane solo due volte, sicuramente per eseguirla live in questa occasione. Il pezzo si presenta sempre forte come il suo testo ma la cosa che mi ha lasciato senza parole è stata la totale riproposizione del pezzo in stile Zoo Tv tour, la scritta iniziale sui lati e maxischermi esterni ‘Everything You Know is Wrong’ ha fatto tornare tutti noi indietro di 20 anni quando ‘The Fly’ registrava il video di questa canzone sopra il Trocadero di Londra e lanciava messaggi subliminali continui come ‘Evolution is over’ e ‘Rock and Roll is entertaiment’, sono alcuni dei bombardamenti mediatici di vent’anni fa che secondo me è ancora più attuale di adesso in un mondo dove il mezzo comunicativo ha sempre più peso. Gli U2 si sono dimostrati davanti al pubblico di Glastonbury con un pezzo talmente vecchio che guarda al futuro e oltre, in un mondo che vive di ‘beLIEve’ (credere-mentire) dove sono attenti solo a guardare una cosa…’Wacht More Tv’.
Lo show continua con Mysterious Ways e Until The End of The World’ struggenti come non mai entrambe riviste sempre in chiave Zoo Tv, con Until terminata con Bono che si stende sulla passerella a ricamarcare una lotta tra The Edge e Bono che rappresenta il sale del testo, la lotta tra Gesú e Giuda e termina come non accadeva dallo Slane Castle del settembre del 2001. Poi è la volta di One che torna in una veste che la rese unica nel suo genere con le scritte ‘One’ in ogni lingua possibile per dimostrare la capacità espansiva di un testo unico nel suo genere che ha segnato tutti i presenti. Il periodo ‘Zoo Tv’ dello show si chiude e si apre con un omaggio al testo di ‘Jerusalem’ cantato come non mai dai presenti, viatico perfetto di apertura alla canzone ‘live’ per eccellenza degli U2, molti definiscono il valore degli U2 come resa live da tanti altri pezzi ma per me quando a Glastonbury venne illuminata di rosso nella pioggia lí gli U2 si sono mostrati per quelli che sono veramente. ‘Where The Streets have no name’ le bandiere che sventolano, la gente che guarda in cielo colorata solo dal rosso degli schermi, tutti abbiamo vissuto quel momento in stati diversi con le proprie emozioni e paure, unite semplicemente dal testo iniziale che corre veloce nella notte inglese.
‘ I Will Follow’ altro pezzo storico della band dal vivo continua a trasmettere emozioni di una band tremendamente legata al suo passato ma che a volte dimentica con pezzi di questa portata dove Bono tenta il contatto con un pubblico che vorrebbe più vicino ma che è sempre più vicino nelle emozioni che continuano con i pezzi successivi come ‘I still Haven’t Found’ e una ‘Stay’ con una chitarra acustica di The Edge che fa capire che non servono i grandi effetti scenici per mostrare quanti si è grandi, servono solo parole come ‘se tu guardi, tu guardi attraverso me’, un idea così lontana cosi vicina da loro in questo periodo.
Tanti di noi avevamo lasciato un pezzo come ‘Beautiful Day’ come apertura dei concerti europei, una posizione ingiusta per un pezzo che ha visto gli U2 affacciarsi agli anni 2000 che apre una nuova parte dello show con l’aiuto del comandante Mark Kelly in collegamento dal ISS come fu nella prima data del 30 giugno 2009 del U2360 Tour a Barcelona, entrambi giocano con le parole del testo sospese nello spazio e si conclude con l’immancabile snippet di ‘Rain’ dedicata alla pioggia. Si apre la fase ‘2000’ con i pezzi più vicini ai nostri tempi ma lontani da una band che ha mostrato un potenziale unico nella prima parte dello show, ‘Elevation’, ‘Get on Your Boots’ e ‘Vertigo’ corrono via veloci.
Un tuffo nel passato con ‘Pride’ e ‘Sunday Bloody Sunday’ canzoni di un epoca lontana,l’una in onore dell’orgoglio e delle battaglie combattute come quella maledetta domenica che cantata nel Regno Unito ha sempre un valore aggiunto come ogni volta che è stata suonata con quella ribellione giovanile di 4 dubliners nei loro occhi. La stessa rabbia si trasforma nella potenza silenziosa dell’inizio di Bad, canzone dalla potenza espressiva unica nel repertorio uduico, denotata non solo dalle parole che sono veri inni a cercare qualcosa ‘to let it go and to Find a way’, un stato d’animo, uno stile di vita, una canzone questa che non poteva mancare a Glastonbury in stretto collegamento con il suo modo di essere.
Poi arriva la volta della canzone inno di un amore mai sopito che sempre presente da quel lontano marzo del 1987 che sconvolse il mondo e rese gli U2 immortali, Bono canta questa canzone abbracciato a se stesso come se quelle parole sono solo sue e che ha donato al mondo tanti anni fa con quella forza che queste parole ‘with or without you’ hanno saputo dare insieme a quell’urlo come se fosse liberatorio per tutti che fa entrare tutta Glastonbury dentro questa magia accompagnata dallo snippet di Bono di ‘love will tear us apart’.
Sembra la degna conclusione ma le sorprese non finiscono con Bono che chiede aiuto al fedele Willie Williams per rendere Glastonbury un oceano nel buio illuminato solo dalle stelle e dalla strofe di ‘Yellow’ con cui Bono urla quelle parole..’guarda le stelle…stanno brillando per te…’ tutta Glastonbury canta queste parole introducendo ‘Moment of Surrender’, la canzone della resa davanti a tutti e tutti, termine ultimo che è stata questa esibizione ma che non cessa di stupire.
La gente ancora ad applaudire mentre noi come ogni volta alla fine del concerto cominciamo a cantare ‘How long…to sing this song’ alla ricerca dello scambio degli strumenti, ma il momento catartico giunge con due semplici gesti, Bono si volta verso Larry e fa il segno…’ONE MORE’ e The Edge prende la sua prima chitarra perché è giunto il momento di tornare al 1976 ai quattro ragazzi della Mount Temple School che venivano dal nord di Dublino che si sono uniti nella cucina di Larry Mullen e sono diventati gli U2 con la loro prima pietra miliare che è Out Of Control. Le prime strofe scritte da Bono scritte il giorno del suo 18simo compleanno riecheggiano in Glastonbury dove quattro rock star sono tornati ad essere dei semplici ragazzi che si emoziono ed emozionano il mondo attraverso la potenza dei loro strumenti e delle parole. Ê questa la giusta conclusione di un percorso propositivo di un repertorio unico nel suo genere, artisti capaci di rinnovarsi ma sopratutto re-invertarsi con il passare del tempo ma con la caratteristica sempre presente di essere tremende attuali anche con il passare del tempo.
Questo show ha rappresentato una pietra angolare nel panorama uduico, ha saputo rappresentare tante fasi e momenti degli U2 nel corso degli anni, qualcuno ha visto un Po del concerto di Red Rock del 1983 altri il Live Aid del 1985.
Io ho semplicemente visto una band che è ancora capace di stupire a cui non serve un artiglio o una macchina da milioni di dollari per sconvolgere o per emozionare, serve la loro unione per dimostrare che sono la più grande rock band del pianeta e che possono tornare quelli di una volta, un lampo di genialità in un mondo dove lo show-biz e il denaro la fanno ormai da padroni.
Concludo questa mia recensione ringranziando prima di tutto coloro con cui ho vissuto questi momenti Rudy, Marco, Enrico e Federico siete stati unici, avrei voluto che fossero presenti tutti coloro che sono capaci ad emozionarsi davanti a questi quattro irlandesi, spero che queste mie parole siano servite ad emozionarvi, ma sopratutto le dedico alla mia amica Lucia, grazie di tutto.
Un ultima cosa, dopo questo credo ancora di più ad un frase di Bono contenuta in Acrobat…’And You Can Dream…So Dream Out Loud’ che significa…’Se vuoi sognare, allora sogna forte!’


Andrea Saccone


Vi rimandiamo allo speciale che abbiamo scritto con i racconti di quei 4 giorni che abbiamo tentato di scrivere e provare di rendere l’idea di ciò che è stato ——> Speciale U2Place Glastonbury

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