Rattle And Hum: “We Believe in Socialism”. Approfondimenti.

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Articolo di Valerio di Marco.

“L’avidità, non trovo una parola migliore, è valida, l’avidità è giusta, l’avidità funziona, l’avidità chiarifica, penetra e cattura l’essenza dello spirito evolutivo. L’avidità in tutte le sue forme: l’avidità di vita, di amore, di sapere, di denaro, ha impostato lo slancio in avanti di tutta l’umanità. E l’avidità, ascoltatemi bene, non salverà solamente la Teldar Carta, ma anche l’altra disfunzionante società che ha nome America.” (Gordon Gekko).

Che c’entra Gordon Gekko, il leggendario finanziere senza scrupoli interpretato da Micheal Douglas in Wall Street, con gli U2 ? Per comprenderlo bisogna tornare al 19 ottobre 1987, il “lunedì nero”, quando col crollo della Borsa di New York venne giù pure un’intera concezione della vita economica e sociale. Anche se per poco.

Il film di Oliver Stone, quel sistema prossimo al collasso lo ritrasse impeccabilmente anticipandone l’inevitabile epilogo, e gli U2 – da parte loro – con quell’analisi profetica sembravano concordare.

Perché c’è stato un tempo in cui l’avidità non andava bene neanche a loro. Strano, vero ? Fu alla fine degli ottanta, quando giravano l’America vestiti di stracci che nemmeno Terence Hill in Trinità mentre tutto intorno era un tripudio di fighetti in Jaguar con le tasche piene di centoni e le narici imbiancate a neve. Clochard in piena coolness-era. Folli ? Sì, ma non nel senso che intendeva Jobs. Lo erano perché ci credevano. Socialisti-champagne si definiscono oggi. Una volta erano socialisti e basta.
Ma forse si trattava solo della reazione un po’ naif di chi di punto in bianco si ritrova con un conto in banca elevato alla sesta e vuole dimostrare che la ricchezza – statene certi – non lo cambierà. E invece li cambierà eccome.

Bono-Spray-Painting

Nei giorni successivi al default finanziario – il peggiore dal 1929 (si dice ogni volta così) – gli U2 sono in Nord America per la terza e ultima leg del Joshua Tree Tour.
L’11 novembre, a San Francisco, prendono parte al Save the yuppies, un miniconcerto dal titolo emblematico e ai limiti dello sfottò organizzato per raccogliere fondi in favore dei molti giovani agenti di Borsa finiti sul lastrico dopo la mazzata di qualche settimana prima.
Naturalmente, tutti ricordano le immagini di Bono che imbratta con lo spray un monumento della piazza scrivendoci sopra che il r n’ r blocca il traffico. E questo perchè quelle immagini finiranno nel film Rattle And Hum, che per ogni fanatico uduico è l’abbiccì della militanza.

Rattle And Hum, però, oltre ad un film sarà anche un doppio album dal vivo con infilati qua e là una
manciata di inediti scritti prevalentemente nella prima metà del 1988.
Ed è in quei brani che spuntano come funghi riferimenti più o meno velati al credo socialista, piccole schegge di sapienza conficcate con abilità artigianale in testi che parlano d’altro, tanto da chiedersi quale libro Bono avesse sul comodino mentre era in tour in quelle fatidiche settimane.
Non si era mai sbilanciato così, neanche ai tempi di War. Evidentemente il viaggio nella cinica e disillusa America reaganiana di fine anni ottanta gli aveva aperto gli occhi come quello in Etiopia del 1985.

In Rattle And Hum la ricchezza sembra l’origine di tutti i mali. Che detto da chi oggi si preoccupa di piacere prima al cda di una multinazionale che al proprio pubblico suona paradossale. Come cambia il mondo, come cambiano le persone! Quelle stesse persone che oggi raccolgono i frutti dei semi faticosamente, in termini di credibilità, piantati allora. Alla faccia dell’ “honest wage” che spetterebbe ad ogni “honest man” di questa terra, come cantavano in Van Diemen’s Land: richiamo al socialismo che più socialismo non si può, perché furono i proto-socialisti – da Saint-Simon in giù – a dire per primi “da ciascuno secondo le proprie possibilità a ciascuno secondo il proprio lavoro”.

E alla faccia della retorica, come quando in Desire – più che una canzone, un profluvio di improperi contro il Dio Denaro – Bono si chiede se è una questione di “love” o di “money”. Allora la risposta era scontata. Oggi pure, ma nel senso opposto.
E poi la dylaniana All Along The Watchtower, registrata proprio durante la succitata esibizione a San Francisco. Non era la prima volta che la suonavano. Ma qui uomini d’affari bevono vino e altri scavano la terra. Volete vederci una critica alla moderna società capitalista ? Vedetecela. Perché senso letterale, allegorico, morale e anagogico si fondono nel quadro apocalittico di uno dei brani chiave della storia del rock e si prestano a differenti letture tra le quali si può ricomprendere – ma sì – anche il crollo della Borsa come epitaffio di un sistema.

E che dire di Freedom For My People, che non è degli U2 ma che solo dei ferventi democrat avrebbero potuto includere in un loro disco cantata da due reietti di strada con tanto di berretto raccogli-spicci sistemato sul marciapiede proprio mentre Bono & co. si trovano – casualmente (…) – a passare di lì.

E poi c’è God pt.II, dove Bono dice che non crede alla ricchezza ma è il caso che andiate a vedere dove vive. Perché è difficile accettare che tu, a ventotto anni, sei già zeppo come un uovo mentre molti tuoi coetanei non sanno nemmeno com’è fatta una busta paga. Ma Bono imparerà così bene l’arte dell’auto-indulgenza da diventare in breve un vero e proprio acrobata della semantica.

La perla finale però è incastonata in All I Want Is You, con quel “from the cradle to the grave” che non si presta ad interpretazioni. Perché più che riferito alle promesse che facciamo in una vita, era pari pari lo slogan fondativo del Piano Beveridge, documento di ispirazione keynesiana e colonna dei moderni sistemi di Welfare State, adottato per la prima volta dal New Labour britannico nel 1945. Il principio era che lo Stato, con le politiche pubbliche, doveva accompagnare il cittadino dalla culla alla tomba. Appunto.

Ovviamente, negli anni successivi – al netto di poche eccezioni – la realtà sarà diversa, fino a che Reagan e la Tatcher metteranno la parola fine ad ogni velleità egualitarista determinando l’affermarsi di una società occidentale fondata unicamente sull’individualismo. Nonostante il crollo della Borsa. A cui poi seguirà quello del Muro, che farà il resto. Perché – Gekko dixit – “è tutta una questione di soldi. Il resto è conversazione.

Valerio di Marco

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