U2place.com ricorda Nelson Mandela

“Era come se fosse nato per dare una lezione di umiltà, di umorismo e soprattutto di pazienza. Alla fine Nelson Mandela ci ha mostrato come amare piuttosto che odiare, non perché non avesse mai ceduto alla rabbia o alla violenza, ma perché aveva imparato che l’amore avrebbe fatto un lavoro migliore. Mandela ha puntato in alto e ha messo in gioco la sua famiglia, il suo Paese, il suo tempo, la sua vita, e ha vinto quasi sempre. Testardo fino alla fine per tutte le giuste ragioni, come se stesse ammirando il suo maestro. Oggi, finalmente, ha chiuso gli occhi. E alcuni di noi piangono, sapendo che i nostri occhi sono stati aperti grazie a lui.” – Bono

Il 5 dicembre si è spento Nelson Mandela, è successo a Johannesburg, città simbolo dell’apartheid con la township più grande del paese, dove abitò per qualche anno. Fu arrestato nel 1962 e trascorse 18 dei 27 anni totali, a Robben Island, l’isola di fronte a Cape Town.

Gli U2 durante la prigionia di Mandela, hanno urlato la loro rabbia fin dal Joshua Tree Tour, durante Silver & Gold, Bono ricorda l’oppressione in atto in Sud Africa e la rabbia della band si può sentire dalla cattiveria del solo di Edge, momento assoluto:

Johannnesburg 1998, Bono ringrazia Dio per averci dato uomini come Desmond Tutu e Nelson Mandela. “I’d also like to thank God for giving us men with the grace of the archbishop Desmond Tutu and the president, Your presisent, Nelson Mandela. It is a long road to freedom and I know a lot of you (watching this on tv across South Africa and listening on the radio) are not there yet… so… this is for you!”:

Il 21 giugno 2003, si esibiscono ai Dublin Special Olympics suonando One e Pride, al termine di quest’ultima Bono fa salire sul palco Nelson Mandela:

Continuando nei ricordi della band per Nelson Mandela, American Prayer suonata con Beyoncè al 46664 (numero di cella di Robben Island) del 30 novembre 2003:

Nel 2008 Bono ed Edge festeggiano il suo compleanno:

Anche durante il concerto di Berlino il 18 luglio 2009 trovano il modo di ricordarsi di Nelson Mandela:

Così come a Philadelfia il 14 luglio 2011:

In una meravigliosa serata a Joburg, città di Soweto, simbolo della lotta contro l’Apartheid, durante Pride dedicano il pezzo a Nelson Mandela:

Sostituendo per una volta le parole di MLK con quelle di Nelson:

La band suona assieme al Soweto Gospel Choir, Where The Streets Have No Name:

Desmond Tutu, che è stato ispiratore di Mandela, quando introduce One in tutti i 110 show del 360:

Fino ad arrivare alla recentissima uscita di Ordinary Love, colonna sonora di Long Walk to Freedom, film dedicato a Mandela:

 

Infine un articolo di Bono appena pubblicato sul Time dal titolo “L’uomo che non poteva piangere”:
«Come un militante qualsiasi, sin da quando ero un adolescente, facevo tutto quello che Mandela mi diceva di fare». Inizia così il ricordo di Bono Vox, il leader degli U2, da sempre in prima fila contro la segregazione razziale. Il cantante ricorda l’enorme influsso che ha avuto Madiba sulla sua vita. Le memorie di Bono ricalcano quella di una generazione, la stessa di Obama, che ha appena ricordato come la prima manifestazione a cui ha partecipato è stata contro l’Apartheid. «È stata sempre una presenza fortissima nella mia vita: penso al 1979 quando noi, gli U2, facemmo il primo concerto contro il Sud Africa razzista. Nel corso degli anni diventammo amici. Unimmo la battaglia contro il razzismo assieme a quella contro l’Aids e la povertà e la fame. Senza i suoi sforzi – ricorda Bono – nel decennio passato avremmo avuto 9,7 milioni di malati di Aids e 2,7 milioni di bimbi morti di fame in più l’anno». Sempre in prima fila nei grandi maxiraduni come il Mandela Day, Bono oggi cita anche aneddoti divertenti di un leader capace con la sua semplicità e la sua tenacia di spostare le montagne e cambiare il corso della storia. Una volta gli raccontò che riuscì perfino a ottenere una donazione di 20 mila dollari alla sua Fondazione da parte di Margaret Thatcher. «Gli chiesi, ‘ma come hai fatto?’ E lui, sorridente, mi rispose: ‘Gliel’ho chiesto. Non avrai mai quello che vuoi se non lo chiedi». Bono ricorda anche quanto gli raccontò un compagno di cella della prigione di Robben Island, quando Madiba, con la casacca numero 46664, era costretto a lavorare in una miniera di calcare. Quei lunghi anni, passati sotto il sole accecante, immerso alla polvere bianca, provocarono gravi danni agli occhi del leader dell’African National Congress. Una volta liberato, nel ’90, poteva ancora vedere, ma i detriti e le polveri avevano ostruito i suoi condotti lacrimali, lasciandolo così incapace di piangere. «Per tutti era tanta la sua fermezza e il suo valore che certo non poteva lacrimare in un momento d’insicurezza o di dolore. Ma la spiegazione era molto diversa. Poi, ha fatto un intervento chirurgico nel 1994 che risolse quel problema. Da quel giorno potè piangere. E oggi – conclude Bono Vox – anche noi possiamo fare lo stesso per lui».

Qui potete trovare l’articolo originale completo: TIME – Bono Honors Madiba, The Man Who Could Not Cry

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