Willie Williams parla del nuovo tour degli U2

A poche ore dal primo concerto di Tulsa, arrivano le parole di Willie Williams, storico show designer degli U2, che ci racconta cosa ci aspetta in questo nuovo tour. Ecco a voi la traduzione della lunga e interessante intervista che il mitico Willie ha rilasciato a Rolling Stone.

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Rolling Stone: Quando avete iniziato a progettare i tour Innocence + Experience e Experience + Innocence, sapevate che sarebbero stati due tour separati con una grande pausa tra loro?

Willie Williams: No, non era questa l’idea. Ma sono successe alcune cose. L’intera faccenda è iniziata con un grande incontro con tutta la squadra creativa e la band a casa loro nel sud della Francia.

Abbiamo avuto un fine settimana per iniziare davvero. Si tratta di cinque anni fa. [L’architetto dei tour della band] Mark Fisher [morto nel 2013] è arrivato, è passato così tanto tempo. Ci siamo davvero fatti coinvolgere. Loro stavano suonando per noi i nuovi brani e ci spiegavano questa idea di Innocence and Experience e dei due viaggi. Erano molto convinti circa il primo viaggio, che tratta di un adolescente che cresce a Dublino in un mondo violento, che si trova nella tua camera da letto e guarda il mondo fuori dalla finestra cercando di capire come trovare il proprio posto. Sembrava abbastanza chiaro.

Abbiamo sempre avuto la sensazione che, in qualche modo, la seconda parte sarebbe stata un ritorno a casa dopo che sei uscito nel mondo. Ci sono state molte cose che sono venute fuori. In primo luogo si è trattato di un paio di frasi, dove la prima è stata presa in prestito da “Rejoice” [una loro canzone del 1981]: “I can’t change the world, but I can change the world in me”. Questo è il tipo di atteggiamento che hanno avuto da adolescenti, che non è affatto raro. L’altra frase arriva quando sei adulto, specialmente un adulto con una certa influenza come loro, ed è “I can change the world”. In qualche modo puoi cambiare il mondo. Ti rendi conto che data la condizione umana non puoi cambiare il mondo in te.

Questi due versi erano centrali per la narrativa iniziale. La prima parte del viaggio aveva a che vedere con la violenza nel mondo là fuori. Poi, quando sei adulto, è più un modo di affrontare la violenza e le cose che sono dentro di te, chi sei tu. Sono venute fuori tutte queste cose. Abbiamo trascorso il weekend più bello con loro raccontando storie sul crescere nella stessa strada e tutto quel genere di cose. Sharon Blankson, che era cresciuta con loro, era lì. È la loro stilista e fa parte del nostro team creativo. E Gavin Friday era lì ed era cresciuto con loro. Provengo da una situazione non dissimile. Sono cresciuto nello Yorkshire [Inghilterra] negli anni ’70. Abbiamo esattamente la stessa età, lo stesso tipo di posizione sociale. C’era una tremenda risonanza.

Ciò che è stato notevole è che alcune delle loro storie e idee, le cose che sono emerse e le immagini che abbiamo prodotto, alla fine le abbiamo messe tutte in un grande album fisico. Eravamo io, Es Devlin e Rick Lipson del team creativo. In realtà abbiamo fatto un album fisico perché eravamo così stanchi di fare disegni CAD [computer-aided design]. Quell’album è da oltre cinque anni una continua fonte di ispirazione. Anche per questo show, siamo tornati indietro e abbiamo esaminato quello di cui avevamo parlato. È stato, senza alcun dubbio, il racconto più coerente di qulasiasi altro show a cui abbia lavorato con gli U2 o con chiunque altro. È stato grandioso.

RS: Quali erano le idee originali?

WW: Inizialmente avevo proposto di realizzare una trilogia di spettacoli, tre spettacoli in tre serate diverse. Ciò è stato rapidamente ridotto a due spettacoli, il che ha più senso. Era il viaggio fuori e il viaggio verso casa. Inizialmente, pensavamo di fare un tour in cui avremmo fatto coppie di spettacoli in ogni città e fare due concerti diversi dove la prima sera era Innocence e la seconda serata era Experience. Naturalmente divenne ovvio che per farlo avrebbero dovuto suonare un’enorme quantità di materiale inedito. Molte delle canzoni Experience erano ancora in lavorazione.

Alla fine, pensavamo che la cosa da fare fosse Innocence il primo anno e Experience l’anno successivo. Poi una cosa tira l’altra e la vita che si mette nel mezzo, un anno si è trasformato in due anni e poi è nata l’idea del The Joshua Tree. Si sarebbe dovuto trattare solo di un paio di spettacoli celebrativi e si è trasformato in un tour di un anno negli stadi. La vita si è un po’ messa nel mezzo. Ho sorriso quando ho capito che se conti The Joshua Tree, che in qualche modo è diventato parte di questa narrazione, abbiamo finito per fare la trilogia di spettacoli. Anche le cose che pensavamo fossero sparite erano ancora lì.

È stato davvero fantastico avere una struttura concettuale così forte e una narrativa così solida su cui lavorare perché la grande domanda in molti concerti rock, non tanto con gli U2, è che puoi progettare qualcosa di meraviglioso e la domanda a cui non rispondi mai è “Perché era lì?”. Ovviamente, l’iconografia e la narrazione della maggior parte dei concerti rock e pop sono completamente arbitrarie, mentre in questo caso ci siamo concentrati di più sulla narrazione. Può essere un po’ un cliché, ma è davvero così. Ora siamo tornati per finire la storia.

RS: Come è cambiata la tua concezione dell’Experience Tour negli ultimi anni?

WW: Se fossimo usciti nel 2016 con Experience, sono sicuro che avremmo usato esattamente lo stesso palco e avremmo raccontato la seconda parte della storia. Ma col passare del tempo la tecnologia si sviluppa a un ritmo così straordinario che ora possiamo fare di più. Inoltre, dal momento che stiamo tornando [dopo tre anni] sentiamo che non potrebbe essere esattamente lo stesso. A prima vista, sembra esattamente lo stesso, ma tutto è molto più ingegnoso di quanto fosse.

Ci sono poche cose più noiose di cui parlare rispetto agli schermi video, ma lo schermo che stiamo usando è quasi 10 volte la risoluzione dello schermo che abbiamo usato solo tre anni fa. È anche il 40 percento più trasparente. Non so nemmeno come sia possibile, ma questo è la velocità con cui le cose si stanno sviluppando. E visto che lo schermo del Joshua Tree tour era così straordinariamente nitido, è bello poiter tornare a usare in questo caso uno schermo così nitido. Sarebbe potuto sembrare piuttosto duro il confronto. In parte è perché la tecnologia si è sviluppata e possiamo fare queste cose solo perché possiamo e in parte perché avevamo bisogno di altri strumenti per continuare il racconto.

RS: Ma quando entrerò nell’arena, il palco apparirà molto simile a quello del 2015?

WW: Sembrerà essere lo stesso, sì. Ovviamente, abbiamo mantenuto quella che chiamiamo Innocence Suite, che è il cuore della narrazione, la parte “Cedarwood Road”. L’abbiamo conservata intatta perché ovviamente è molto importante nella narrazione. Ma circa il 75 percento dello spettacolo è nuovo di zecca.

RS: Poi c’è l’app con la componente di realtà aumentata dello show.

WW: Infatti! Ci siamo arrivati solo attraverso una certa curiosità tecnologica, davvero. È divertente. Abbiamo esaminato ciò che è diventato noto come realtà aumentata per il tour 360. In realtà abbiamo provato a fare qualcosa, che ora riconosceresti come realtà aumentata. Abbiamo costruito una giacca per Bono che conteneva marcatori in modo da poter avere poi in camera delle animazioni . Il nostro modello per questo è stato il video di Peter Gabriel “Sledgehammer”. Visto l’impatto nel farlo, non era fattibile negli stadi otto anni fa. Ma quel genere di cose, essere in grado di giocare con immagini dal vivo, è nelle nostre menti da molto tempo.

Ho iniziato a guardare a questo probabilmente un paio di anni fa. Certo, la realtà aumentata sul telefono è abbastanza comune ora, ma sono rimasto incuriosito dall’idea di farlo su larga scala. Il punto centrale di uno spettacolo rock è che si tratta di un’esperienza vissuta in comune. Normalmente terresti il viso concentrato sul telefono e così volevamo trasformare questo in un’esperienza che condividi con migliaia di altre persone nello stesso momento. Sembrava piuttosto intrigante. Non si tratta affatto della spina dorsale dello spettacolo, ma è un altro strumento per la narrazione. Quando lo vedrai nel contesto, capirai la parte della storia che sta raccontando.

C’erano due preoccupazioni che avevo al riguardo. La prima era che non volevo essere in quella situazione in cui all’improvviso sullo schermo c’è qualcosa che dice “OK, tirate fuori i cellulari. Premete il pulsante rosso”. Nulla rovina l’atmosfera di una performance più del dare istruzioni. Inoltre, naturalmente, suppongo ci sia un po ‘di ironia nel fatto che la rovina del divertimento del 21° secolo sia che nessuno sta guardando. Tutti sono solo concentrati sui propri cellulari. E quindi è un po’ ironico che ci sia una parte dello spettacolo che puoi vedere solo guardando il tuo telefono. In un certo senso, mi ricorda davvero l’atmosfera con cui ci siamo avvicinati ai primi schermi video giganti per lo Zoo TV. Fino a quel momento, gli U2 si basavano assolutamente sull’autenticità e sull’esperienza dal vivo e non volevano che le telecamere si intromettessero. Ma in quel tour, erano al centro dell’intero processo e nei primi 15 minuti dello show di Zoo TV era impossibile guardare la band perché c’era così tanto altro. In un certo senso, è una situazione simile perché in questo caso siamo noi che diciamo: “Se invece di fare un filmato che nessuno guarderà mai, guarderai il tuo telefono, ti daremo qualcosa da guardare che fa parte della trama”.

Un altro aspetto è che il pre-show ti serve per capire come farlo e non ti bruci la prima canzone cercando di capire come usare l’app. Poi la cosa è fatta e la storia va avanti, quindi non è la spina dorsale dello show. È sicuramente un dettaglio, ma aggiunge qualcosa alla narrazione in un modo che ritengo unico.

RS: La mia più grande seccatura quando sono a un concerto è avere a che fare con la gente che mi circonda coi loro telefoni per tutto il tempo. In questi spettacoli spero che le persone dopo aver usato i telefoni per la prima canzone, li rimettano nelle proprie tasche.

Ho avuto un paio di pensieri a riguardo. Uno era che l’app avrebbe fatto il suo corso e poi avrebbe fatto crashare il telefono. Quello era il primo. O che succhiasse la carica della batteria fino al punto da non poterla usare. Ma poi ho pensato alle cause legali, alla reputazione … [ride]

Quanto sarà diversa la setlist rispetto al tour Innocence?
Probabilmente direi che circa tre quarti dello spettacolo sono nuovi. Inoltre, quel che è bello è che se consideri questi show come una trilogia – e questo è il terzo tour degli U2 in quattro anni, che è incredibile dato che di solito ci vogliono quattro anni per un singolo tour, figuriamoci tre – non sento il bisogno di controllare che sia tuttoo a posto. Se suoni negli stadi e la band non è stata negli Stati Uniti negli ultimi quattro anni, c’è un tipo di aspettativa molto diverso, mentre penso che sia incredibile che siano stati in grado di presentare The Joshua Tree l’anno scorso senza che fosse etichettato come una specie di greatest hits. Quindi è davvero importante che questo spettacolo sia lungimirante. Ci sono ancora molti pezzi storici, ma siamo stati in grado di prendere una posizione diversa, davvero.

RS: Sono mai stati tentati di non suonare nessuna canzone da The Joshua Tree per bilanciare l’ultimo tour?

WW: Il mio primo pensiero – e molte delle cose con me sono provocazioni – è che non dovremmo fare nulla dai precedenti due tour. [Ride] Devo dire che sarebbe stato un po ‘ coraggioso. Ovviamente, stiamo ripetendo canzoni suonate in entrambi i tour precedenti. Ma se c’è una canzone è perché fa parte della narrazione. Non c’è lo stesso senso dell’obbligo perché manchiamo da molto tempo. È stato abbastanza liberatorio. Poi, quando c’è spazio nello show per un classico, c’è una specie di doppia risonanza, in realtà, perché non sembra che tu le stia solo riproponendo. Tutto è lì per una vera ragione.

RS: La band ha detto che vuole suonare canzoni più vecchie che non hanno mai fatto. Lo stanno facendo?

WW: Sì, ma ancora una volta non parliamone troppo presto perchè mancano ancora alcuni giorni. L’ultima settimana è sempre quella in cui uno show ha più difficoltà. Combatte di più contro di te. Sì, hanno sicuramente provato cose che non avevano mai fatto prima ed è davvero emozionante.

RS: Quanta flessibilità hanno per cambiare la scaletta di sera in sera?

WW: Inizialmente sarà abbastanza bloccato perché, come per l’Innocence tour, lo show è enormemente complicato. La cosa che preferisco è progettare uno spettacolo con questi fantastici set che sono completamente bloccati e con alcune parti dello show tra questi blocchi in cui tutto può accadere. Quindi puoi prenderti un rischio e se tutto va per il verso sbagliato, tutti sanno che in due canzoni possiamo riorganizzarci e tornare in carreggiata. È così che finirà, ne sono abbastanza sicuro. Inizialmente, ovviamente, devi provare uno spettacolo e poi ti dai un po’ di spazio di manovra.

RS: C’è sempre quel segmento B-stage. Li vedrò portare un fan sul palco per suonare la chitarra su una canzone che non hanno fatto da anni?

WW: Quelle cose tendono a capitare. Quelle, per definizione, non sono cose che puoi davvero provare. Di solito ridevamo sulla spontaneità provata con cura. Devi prima assemblare la bestia e poi vedere cosa puoi farci. Sono sicuro che sarà simile in questo senso.

Do you think the tour will go into 2019?
I have no idea, but we may as well. We might as well just tour for the rest of our lives at this point. [Laughs]

RS: Pensi che il tour andrà avanti nel 2019?

WW: Non ne ho idea, ma potrebbe essere.Potremmo anche fare un tour per il resto della nostra vita a questo punto. [Ride]

RS: Ti senti in qualche modo “esaurito” dopo aver fatto tre tour in quattro anni?

WW: Dovrei esserlo. Ma proprio perché tutto ciò che abbiamo fatto negli ultimi cinque anni è venuto da questa narrativa molto chiara, penso che, in modo buffo, la progettazione fisica dello show sia stata meno onerosa di quanto potrebbe normalmente essere. Naturalmente anche il fatto di sapere che stiamo per utilizzare la struttura Innocence / Experience, lo spettacolo offrirà molte sorprese, ma la forma del palco non è una di queste e così quel tipo di peso viene eliminato. Dovremmo essere molto più esausti di quanto siamo in realtà, ma quando qualcosa va bene è incredibilmente rinvigorente. Per persone del loro valore produrre un nuovo lavoro a questo livello è davvero rinvigorente. Fisicamente, ovviamente, è estenuante. Stiamo invecchiando e il viaggio e la resistenza sono molto più difficili rispetto a prima, ma creativamente è più fresco di quanto non sia mai stato. Questo è ciò che permette alla barca di navigare.

RS: In qualche parte della tua mente stai pianificando un possibile tour per i 30 anni di Achtung Baby nel caso in cui lo vogliano fare nel 2021?

WW: Assolutamente. Perchè no? Ero così sbalordito quando parlavano di fare uno show per The Joshua Tree. Ho soltanto riso. Me lo ha detto Bono quindi sapevo che non era un sentito dire, ma ho riso perché sembrava essere la cosa meno probabile che avrebbero mai fatto. Fatto questo, tutte le scommesse sono chiuse. Niente mi sorprenderebbe ora.

I’ll be in Tulsa. I can’t wait to see the show.
Come see our first night stumble through. [Laughs] No, it’s going to be night two where the wheels come off. Night one is just manic energy.

RS: Sarò a Tulsa. Non vedo l’ora di vedere lo spettacolo.

WW: Vieni a vedere i problemi della nostra prima serata! [Ride] No, sarà la seconda serata quando tutto andrà male. La prima serata è solo energia maniacale.

RS: Alla prima serata su Innocence, The Edge è caduto dal palco. Ti ricordi di averlo visto accadere?

WW: No. Era l’ultimo, davvero ultimo momento dello show. Quelli di noi che viaggiano con loro, ovviamente dobbiamo essere nei veicoli. Lo chiamano il Runner. Durante l’ultima canzone usciamo fuori di lì. Eravamo nel veicolo e non ne sapevamo nulla finché non siamo tornati in albergo. Ci stavamo dando il cinque e allora qualcuno ha detto – e questo è un momento del ventunesimo secolo – qualcuno ha detto: “The Edge è caduto dal palco alla fine”. Eravamo tipo “Stai scherzando”. Questo è successo dopo che il tour era stato posticipato e Bono era caduto dalla sua bicicletta e tutta quella storia. Eravamo a Vancouver ad aspettare l’ascensore in hotel e qualcuno ha guardato su YouTube ed era già lì. Miracolosamente, stava bene.

RS: Immagina se si fosse fratturato il braccio o qualcosa del genere.

WW: Sarebbe potuto succedere! Abbiamo aspettato cinque anni per quello spettacolo e lo avremmo fatto una volta e sarebbe potuta andare così! Speriamo di superare questo primo concerto illesi.

 

Ecco il link dell’intervista originale di Rolling Stone: https://www.rollingstone.com/music/features/u2s-stage-director-breaks-down-bands-experience-tour-w519653

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