A due settimane dall’intervista a The Edge, Adam Clayton ha rilasciato una lunga intervista a Rolling Stone che spazia dal prossimo The Joshua Tree Tour 2017 a Songs of Experience e della quale vi riportiamo i passaggi principali, sopratutto quelli finali…
L’Innocence + Experience Tour avrebbe dovuto proseguire nel corso del 2016. Che cosa è successo?
L’idea era di focalizzarci sulle canzoni di Songs of Experience. Mentre finivamo il tour Innocence è arrivato il momento di concentrarci sull’album ed è stato chiaro come non fossimo in grado di trasformare subito il materiale su cui stavamo lavorando e portarlo subito in tour. “Ok, proviamo a guardarlo in un modo diverso.” Inoltre, nel corso dello stesso anno ci è sembrato che stessero accadendo una serie di strani movimenti politici. Per prima cosa c’è stata la Brexit nel Regno Unito, un primo segnale che le cose stessero cambiando. Non sono sicuro di come le persone l’abbiano presa. Poi subito dopo è iniziata l’ascesa del Trumpismo. E questo ci è suonato come un: “Ok, qui sta succedendo qualcosa. Forse ci siamo persi qualcosa ed è il caso che ci prestiamo attenzione”. Questo ci ha incoraggiati ad allontanarci dall’idea di voler finire l’album troppo in fretta.
So che la prima idea [in merito al Joshua Tree Tour 2017] sia stata quella di fare un concerto in Nord America ed uno in Europa. Come siete arrivati a mettere in piedi un intero tour?
Una delle prime idee probabilmente è stata quella, visto che quando torneremo ad occuparci dell’Experience tour sarà per un tour indoor incentrato sulla produzione che abbiamo sperimentato nel corso dell’Innocence tour. Poi abbiamo pensato, “Beh, forse in onore di The Joshua Tree potremmo tornare là fuori e fare spettacoli molto inerenti all’esperienza.” Quando il Joshua Tree Tour passò dalla dimensione indoor a quella outdoor successero un paio di cose interessanti. Erano i vecchi tempi in cui si pubblicava un album, vendeva bene e grazie al passaparola diveniva un successo crescente. Alla fine ottenne la prima posizione delle classifiche. Così nel corso dell’anno fummo costretti ad uscire dalla dimensione delle arene per spostarci negli stadi. Questo era un passo enorme per un gruppo di ragazzi irlandesi 25 – 26 anni che avevano appena messo piede in questa nuova macchina chiamata U2 e che per cinque, sei, sette era stato un viaggio, per certi versi un pellegrinaggio.
Quando abbiamo iniziato a suonare outdoor non sapevamo come si facesse. Non abbiamo fatto ricorso ai vidiwall che iniziavano a farsi largo in quel periodo. Pensavamo che ciò avrebbe in qualche modo diluito la musica. Eravamo fermamente convinti che la musica fosse perfettamente adeguata e sufficientemente grande per riempire anche uno stadio. Fu davvero una sfida per noi. Ciò ha anche fatto sì che ogni sera Bono dovesse mettere davvero tu se stesso là fuori per cercare di entrare in contatto con il pubblico. In un certo senso è stato un compito ingrato. Non si può vincere in uno stadio. Non importa quanto buone siano le tue canzoni, sei ancora solo un puntino sul palco e tutto dipende dal sistema audio. Fu molto, molto frustrante.
Parlando con The Edge poche settimane fa gli ho chiesto se lo spettacolo inizierà con Where The Streets Have No Name per poi proseguire con il resto dell’album. Cosa ti immagini succederà?
Non ci siamo ancora seduti attorno ad un tavolo per ragionare sulle dinamiche di tutto ciò, ma ho il sospetto sarà la ciliegina sulla torta. Credo che apriremo il concerto con qualcosa di simile a quanto fatto per Songs of Innocence correre [dove abbiamo iniziato con le nostre canzoni dei primi anni ’80] per portare il pubblico nel mood della serata e dare un senso alla storia da cui nasce. Poi ci sarà un cambio di scena… Questa è la mia ipotesi. Non lo sapremo fino a quando non ci cominceremo a lavorarci su. Sarà l’inizio del viaggio nella musica tradizionale al quale abbiamo sempre fatto riferimento in quel periodo, con le canzoni che ci porteranno attraverso una visione dell’America che sembrava vera e plausibile in quel momento. In molti modi, forse fu la fine di quel modo di vedere l’America come qualcosa di sano e benevolo. In realtà, le cose sono cambiate un bel po’ da allora.
Immagino che una delle sfide del suonare l’album in sequenza sia che le quattro canzoni più famose sono le prime quattro del disco. Poi ce ne sono sette di fila che sono meno note ad un pubblico di massa. Farle tutte di seguito potrebbe essere una sfida in uno stadio. Siete preoccupati di questo?
Mah, credo davvero che dovremo aspettare e vedere. Penso che chiunque venga a vedere questo spettacolo conosca bene l’album. Dobbiamo capire se queste canzoni unite alla nostra conoscenza accumulata nel corso di 30 anni possano dare vita a qualcosa di diverso o se dobbiamo raggrupparle insieme ad altre canzoni tematicamente affini.
I fan non vedono l’ora [più propriamente stanno andando giù di testa, n.d.r.] all’idea di ascoltare Exit, Red Hill Mining Town e Trip Through Your Wires. Sono canzoni che non sono mai state suonate per 30 anni o addirittura mai suonate del tutto.
Penso che fossimo piuttosto bravi a suonare Trip Through Your Wires durante il Joshua Tree Tour originale. Credo che In God’s Country fosse nel set, mentre Red Hill Mining Town non è mai stata suonata dal vivo in quel periodo. Era una canzone mid-tempo e penso che ora siamo in grado di aggirare questo ostacolo.
Potreste suonare qualche canzone di Songs of Experience durante lo show?
Sarebbe un mio auspicio suonare qualche pezzo da Experience, magari una o due canzoni.
Anche in questo caso dobbiamo veramente dobbiamo capire la resa di queste canzoni in uno stadio, in questo contesto, ma mi piacerebbe vedere un po’ di quel materiale là fuori vedere il pubblico che ne prende familiarità prima dell’uscita dell’album.
Ho detto a The Edge che ci sono due canzoni di cui i fan parlano sempre: Acrobat e Drowning Man. Non avete mai suonato nessuna delle due. Pensi accadrà mai?
Abbiamo provato una versione di Drowning Man per il 360° Tour. Penso che sembrasse una canzone davvero un po’ oscura per proporla al pubblico di uno stadio. Ma ha qualcosa, davvero. Potrebbe esserci un modo per proporla.
E per quanto riguarda Acrobat?
Acrobat è divertente. Contiene un sacco di rabbia. Anche in questo caso, credo che quando stavamo progettando quel tour fosse una canzone troppo fuori contesto per Achtung Baby, ma forse c’è un modo di proporla nuovamente. Forse non per questo tour. Stiamo andando ad allineare tutto prima un pre-Joshua Tree e poi Joshua Tree. Poi, dopo The Joshua Tree, proporre Achtung Baby sarebbe persino troppo. Ma chi lo sa quando inizi a pianificare uno show di due ore e mezza in uno stadio…