Nelle pagine di introduzione al testo di Surrender, c’è un nome e cognome destinato ad essere ricordato negli anni, da noi fan U2.
Nato nel 1975, Docente di Traduzione EN>IT, lavora per molteplici case editrici ed è anche polistrumentista per passione, nonchè amante della musica.
Il suo nome è Michele Piumini, colui che più di tutti è entrato in empatia con lo scritto di Bono.
Ciao Michele, grazie per il tempo che ci stai regalando, alcune domande saranno esclusivamente tecniche, altre invece sfideranno la nostra curiosità da fan degli U2.
Innanzitutto ti chiediamo se sei un fan degli U2
Sono stato un grandissimo fan degli U2 fino ad Achtung Baby compreso, il mio disco preferito assieme a The Unforgettable Fire. Le mie canzoni preferite sono le prime tre di Joshua Tree e Running To Stand Still.
In Zooropa c’è ancora qualcosa che mi ispirava, ma da Pop in poi non ho più avuto la spinta. Ho ripreso ad ascoltarli durante il lavoro di traduzione, c’è qualche canzone di How To Dismantle che mi piace.
Mentre traducevo, riascoltavo le canzoni che menzionava Bono e riscoprire certi album dopo tanti anni “è stato molto emozionante”.
Immaginiamo che ti sia richiesta una preparazione pressoché da madrelingua per arrivare a tradurre un testo intero:
per tradurre bisogna conoscere benissimo quella che tecnicamente viene chiamata lingua di partenza, ma ancora meglio la lingua d’arrivo, in questo caso l’italiano. Per tradurre verso una certa lingua devi essere madrelingua della lingua d’arrivo o quantomeno bilingue.
Quanto tempo prima ti è arrivata la richiesta di Mondadori di tradurre Surrender?
Mondadori mi ha contattato appena arrivata la notizia dell’uscita del libro e stiamo parlando di oltre due anni fa, prima del Covid, almeno nel 2019. Successivamente ci sono stati una serie di rinvii, perchè Bono, a seguito della dipartita di due persone fondamentali per convincerlo a scrivere quello che gli raccontava (Ed Victor e Sonny Mehta ndr), ha anche accarezzato l’idea di accantonare tutto. L’editor americana Reagan Arthur ha però tenuto duro.
Sembrava che il testo arrivasse ad aprile 2021, poi Bono ha deciso di rinviare di un ulteriore anno.
Di fatto ho ricevuto la prima bozza il 23 marzo 2022.
La chiamo bozza perchè, quando si tratta di libri così importanti, come successo per le autobiografie di Springsteen, Phil Collins ed Elton John, viene fatta la co-edizione, cioè la pubblicazione contemporanea del testo originale e di tutte le traduzioni, in tutto il mondo il 1 novembre.
Capita sempre in questi casi, si inizia a lavorare su una bozza, poi via via sono arrivate svariate modifiche ed è stato anche emozionante, perchè alcuni di questi file word comprendevano modifiche, tagli e aggiunte direttamente da parte di Bono. I primi files erano in word, mentre i successivi, fino al definitivo, erano in pdf.
Mi viene in mente il racconto con Edge in Ucraina. Nella prima bozza non c’era, lo ha aggiunto successivamente. Originariamente quel capitolo partiva dall’incontro con Gorbaciov, ma poche settimane dopo è arrivato un file con le istruzioni per aggiungere il racconto dell’esibizione nella Metropolitana di Kiev.
Michele, quanto è durato il tuo lavoro di traduzione?
Effettivamente ci ho impiegato circa 4 mesi, l’italiano sviluppa un testo almeno del 20% in più dell’inglese, le ultime revisioni le ho spedite ai primi di settembre. Da questo punto di vista è come se avessi partecipato alla costruzione del libro
Come ti è sembrata la scrittura di Bono? Perchè noi siamo abituati alle citazioni letterarie o bibliche nelle liriche delle canzoni degli U2, tu che sei un professionista, che idea ti sei fatto?
Non solo citazioni del suo retaggio cattolico, ma anche delle sue letture. Ad esempio voglio raccontarvi brevemente del nostro incontro da Fazio prima dell’intervista in diretta (lo scorso 27 nov 2022 ndr). Ero insieme a una delegazione di Mondadori, c’era un sacco di gente che voleva incontrarlo, abbiamo atteso a lungo e verso le 21.00 finalmente ci hanno detto “tocca a voi, ma non avete molto tempo”. In realtà Bono si è fermato con me oltre dieci minuti, appena l’ho visto mi sono presentato: Ciao, sono Michele e ho tradotto il tuo libro”.
E’ partito Bono dicendomi che una sua assistente gli aveva già parlato di me, mi ha detto che ha saputo che avevo tradotto l’autobiografia di Elton John, e poi: “Non deve essere stato un lavoro facile perchè noi irlandesi lottiamo da sempre con la lingua inglese.
Joyce la lingua la masticava e poi la sputava, Beckett la tagliuzzava”. Mi ha parlato di Oscar Wilde ed ha consigliato lo scrittore irlandese Kevin Barry alle persone di Mondadori che erano con me.
Sinceramente non mi aspettavo di parlare di letteratura con lui.
Verso la fine gli ho chiesto se mi autografava la copia ed ho visto che continuava a scrivermi andando ben oltre la firma: “Michele, ho scritto un libro il cui titolo devo ancora afferrare o comprendere. Grazie per il tempo che hai dedicato a capirmi, sempre che sia possibile” che non sono certamente due parole messe lì casualmente.
Quando ci siamo salutati, mi ha anche abbracciato calorosamente.
Michele, raccontaci se ti sei preparato prima di iniziare il lavoro di traduzione, hai voluto approfondire Bono?
Questo è un caso particolare perchè Bono esordiva come autore, ma in genere preferisco scoprire il testo traducendolo. Autorevoli pareri considerano la traduzione la più alta forma di lettura, perchè devi ‘scegliere’ parola per parola. Non ho nemmeno letto il libro prima, sono partito in quarta con la traduzione, anche per i tempi stretti.
Hai avuto delle difficoltà nell’interpretare/tradurre Bono? La traduzione letteraria è sufficiente per trasferire il sentiment? Noi dalla tua traduzione, riconosciamo ogni dettaglio del nostro amico Bono.
Questo mi fa molto piacere.
Difficoltà particolari non direi, quello che il bravo traduttore deve riuscire a fare è trasformarsi quasi in un camaleonte. Deve cioè riuscire ad annullarsi nello stile, nella lingua e per quanto possibile anche nella mente dell’autore. E’ un vantaggio quando c’è la passione musicale. Non avevo letto nulla in precedenza della vita di Bono, sapevo solo che aveva perso la madre da giovane e poco altro.
Anche se non entra mai nello specifico, Surrender è comunque un testo che presuppone una certa conoscenza della tecnica musicale. Ricordo per esempio questa parentesi tecnica sul riff di I Will Follow: “Mi e Re a vuoto, seconda e terza corda premute per fare in modo che il Mi con Re al basso sia seguito da un Re con la nona aggiunta, se vi interessa”
Nel libro qualche altra annotazione tecnica c’è, soprattutto quando parla delle registrazioni negli Studi.
Nella bozza su cui hai lavorato, erano già presenti le parti dei testi delle canzoni, che sono riprodotti in tutto il libro? Testi che risultano modificati in alcuni passaggi, rispetto agli originali.
Sì, le parti dei testi erano presenti fin dall’inizio e delle modifiche di alcune strofe, conoscendo le canzoni, mi sono accorto man mano, ma lui alla fine del libro dice chiaramente che il prossimo disco sarà con i testi nuovi.
Anche da Fazio, With or Without You se ricordate è cantata con dei passaggi modificati.
Oltre ad una grande dichiarazione d’amore per Ali, entrando in profondità del pensiero di Bono, ti sei fatto un’idea del motivo per cui ha scritto questo meraviglioso libro?
Questo libro è una sorta di album dei ricordi, forse non lo conosco abbastanza bene per avere un’idea precisa, però ho avuto la netta sensazione che lui avesse bisogno di buttare fuori queste parole, una sorta di autoterapia. Pensate anche alla dedica che mi ha regalato: un titolo che devo ancora comprendere, Surrender.
Penso sia arrivato a un’età e a una maturità che lo hanno portato a raccontare tutto, probabilmente la spinta l’ha avuta durante il periodo in cui ha dovuto affrontare l’operazione.
Ho sempre avuto la sensazione che sia tutta farina del suo sacco, ricordo tutte quelle modifiche in corso d’opera, scritte da lui. Non credo ci siano stati ghostwriter.
Tu sai se la tua traduzione è stata letta/vagliata prima di essere mandata in stampa?
Da contratto era chiaro che doveva approvarlo il cosiddetto Team Bono, come lo chiamavano. Quando lui racconta di come conobbe il resto della band alla Mount Temple School, ad un certo punto arriva l’episodio di Adam che viene espulso perchè correva nudo per i corridoi della scuola. Mi è venuta in mente l’espressione “in costume adamitico”, che mi sembrava perfetta considerando il nome del personaggio. Ho aggiunto un commento spiegando il motivo ed il revisore lo ha accettato subito.
Hai un passaggio del libro che ti ha colpito particolarmente?
Il primo capitolo, come lui me l’ha definito nei camerini da Fazio, è quasi un flusso di coscienza alla James Joyce. Oppure l’ultimo capitolo, quel conto alla rovescia, ma non vado oltre per non spoilerare il finale a chi non ha ancora terminato la lettura.
Speriamo che questo Book Tour tocchi l’Italia, so che Mondadori sta spingendo per farlo venire. Dipendesse da lui verrebbe domani, ama troppo l’Italia.
Concludendo la nostra bella chiacchierata, dopo aver approfondito Bono, hai qualcosa da aggiungerci?
Il mio pensiero su Bono è sicuramente cambiato. Grazie a questo libro ho imparato ad apprezzare molto il suo attivismo, che non conoscevo così in dettaglio. Sicuramente lo rispetto molto di più, perchè i racconti che ci sono nel libro sono davvero incredibili.
Anche perchè questo suo impegno non nasce recentemente ma è un modo di essere radicato in Bono e negli U2 fin dagli anni 80.
Grazie Michele per il tempo che hai voluto dedicarci e per aver saputo interpretare così in profondità le parole e lo spirito di Bono, che traspare genuino in ogni pagina del libro.
U2place Staff